Schema di piano per
la programmazione delle attività di previsione, prevenzione e lotta attiva
contro gli incendi boschivi nelle aree naturali protette statali
(Art. 8 comma
2 della Legge 21 novembre 2000, n. 353)
PREMESSA
In attuazione
dell'art. 3 della Legge 21 novembre 2000, n. 353, sono state emanate, con
Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della
Protezione Civile, pubblicato su G.U. del 26.2.2002 S.G. n. 48, le linee guida
per la redazione del "Piano regionale per la programmazione delle attività di
previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi".
La stessa legge,
all'art. 8 comma 2, prevede un apposito "piano per i parchi naturali e le
riserve naturali dello Stato", che andrà a costituire una sezione del suddetto
piano regionale.
Il presente
documento illustra gli indirizzi da adottare per la pianificazione contro gli
incendi boschivi da attuare nelle aree protette di valenza nazionale in concerto
con i piani regionali antincendio e in armonia con i piani del parco di cui alla
legge 393/94.
Si precisa che le
indicazioni di seguito esposte prendono in considerazione le direttive della
legge quadro 353/2000 e delle Linee Guida sopra citate, emanate con Decreto del
Dipartimento della Protezione Civile del 20 dicembre 2001, ma non le indicazioni
delle varie leggi regionali che possono differire tra loro e che saranno
soggette a future variazioni per adeguamento alla suddetta L.
353/2000. Quindi, il piano di previsione, prevenzione e lotta attiva contro
gli incendi boschivi di ogni area protetta statale si atterrà alle linee guida
per il piano regionale sopra richiamate, calate nel proprio ambito territoriale
e, data la specificità del problema incendi boschivi in tali aree (riconosciuta
dalla legge 353/2000) per la loro connotazione naturalistica più complessa di
quella del rimanente territorio, dovrà attenersi anche alle direttive tecnico
scientifiche oggetto del presente documento, di seguito riportate in
dettaglio.
Infatti, nelle
aree protette vi sono delle specifiche emergenze naturalistiche per le quali è
stata proposta ed istituita l'area e la loro salvaguardia è l'elemento cardine
dell'istituzione stessa.
Peraltro, gli
obiettivi prioritari delle linee guida per il piano regionale, mirati più ad
evitare che a contenere gli incendi boschivi, sono ancor più condivisibili nelle
aree naturali protette. In particolare la sensibilizzazione dei residenti a
tutti i livelli socio economici e di età, il coinvolgimento diretto degli stessi
nella difesa dagli incendi boschivi, soprattutto nella prevenzione ed ove
possibile anche nella lotta attiva, attraverso forme e modalità localmente
ritenute le più idonee (es. volontariato incentivato sui risultati ottenuti a
fine stagione critica, coinvolgimento dei pastori nella sorveglianza, ecc.),
sono sempre auspicabili.
Considerata la
delicatezza della problematica gestionale del sistema di previsione, prevenzione
e lotta attiva contro gli incendi boschivi in ambiti territoriali interessati da
più enti, si ritiene doveroso evidenziare qui in premessa alcuni semplici ma
importanti elementi di funzionalità dello stesso.
I destinatari del
presente documento che sono tenuti alla redazione ed applicazione di un proprio
piano di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi sono
gli Enti gestori di tutti i Parchi Nazionali (P.N.), che nel piano
comprenderanno il territorio di eventuali Riserve naturali statali interne al
parco, e delle Riserve Naturali Statali (RNS) esterne ai suddetti Parchi
nazionali, ad esclusione di quelle non aventi coperture boscate o comunque con
superficie complessiva inferiore ai 50 ettari.
Le RNS escluse,
sono tenute a fornire alle regioni territorialmente interessate tutte la
documentazione in loro possesso utile ai fini di protezione del proprio
territorio boscato contro gli incendi boschivi ed in particolare la cartografia
relativa alla vegetazione esistente, in scala 1: 25.000 o di maggior dettaglio,
eventualmente da realizzare con la massima urgenza, RNS incluse nei P.N., nel
caso in cui l'Ente parco non gestisca già le stesse RNS.
Sulla base delle
linee guida pubblicate, l'ente gestore di aree protette statali, nel rispetto
della propria autonomia istituzionale, si organizzerà autonomamente con una
propria pianificazione e relativo sistema di previsione, prevenzione e lotta
attiva contro gli incendi boschivi, coordinandosi con il corrispondente sistema
regionale.
La funzionalità
dell'intero sistema regionale, ed in alcuni casi interregionale, impone la
chiarezza della gerarchia operativa, da concordare in via prioritaria
indispensabile soprattutto per la ottimizzazione della lotta attiva, in
situazioni di emergenza.
In tal senso,
come peraltro già indicato nelle suddette linee guida, per ogni ambito
territoriale deve essere individuata la figura del coordinatore; nella
fattispecie, all'interno delle aree protette statali, tale figura viene
concordata fra l'Ente gestore dell'area protetta, la/e Regione/i interessata/e
ed il Corpo Forestale competente, anche in base alla specifica situazione
organizzativa in loco dei rispettivi servizi di protezione contro gli incendi
boschivi degli stessi enti sopra indicati.
All'interno
dell'area protetta il coordinatore dovrà rispettare le priorità di intervento
dettate dalla relativa pianificazione, fatte salve le priorità di carattere
generale (ad es. il salvamento di vite umane).
Per ogni regione
e provincia autonoma, la rispettiva singola appendice regionale al presente
documento, corrispondente all'insieme dei piani di previsione, prevenzione e
lotta attica contro gli incendi boschivi delle aree protette statali della
regione interessata predisposti dagli Enti gestori, sarà oggetto di intesa con
la stessa Regione, sentito il Corpo Forestale dello Stato, ove competente, in
osservanza dell'art. 8 c. 2 della Legge 21 novembre 2000, n. 353.
Per gli aspetti
cartografici, al fine di consentire l'espletamento delle complesse attività
previste dal Piano, anche con l'uso delle tecnologie avanzate di rilevamento e
di analisi, si ritiene opportuno che gli Enti Gestori utilizzino sistemi GIS per
la gestione delle informazioni cartografiche ed alfanumeriche.
Gli elaborati
cartografici, nonché tutte le informazioni prodotte nell'ambito dei Piani,
dovranno essere compatibili con gli standard del Progetto "Sistema Cartografico
di Riferimento", approvato dalla Conferenza Stato-Regioni-Province Autonome il
12 ottobre 2000 ed essere resi disponibili nell'ambito del predetto Sistema così
come previsto dall'art. 6 quater del D.L. 279/2000.
Pertanto, al fine
di consentire la realizzazione, secondo standard condivisi, di carte tematiche
per lo studio e il monitoraggio del territorio e per la mappatura degli incendi,
vengono messe a disposizione delle amministrazioni, senza alcun onere, la Base
Cartografica di Riferimento e gli strumenti software necessari per la produzione
dei dati.
La base
cartografica disponibili a copertura nazionale, nel sistema di riferimento
geodetico-cartografico WGS84-UTM, copre tutte le esigenze di produzione, dalle
piccole scale (1:1.000.000) a scale di dettaglio (1:25.000). In particolare
potranno essere messe a disposizione gratuita degli Enti Gestori le ortofoto
digitali a colori del Programma It 2000, in scala nominale 1:10.000, acquisite
dal Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio con una licenza d'uso
che include i Parchi Nazionali, e un Modello Digitale del Terreno di precisione
elaborato dal Ministero.
Saranno inoltre
disponibili anche le ortofoto in b.n., sempre in scala 1:10.000. Per
eventuali necessità di conversione al Sistema WGS84-UTM verrà fornito un
apposito programma di conversione.
Ad ogni buon
fine, tenuto conto della estensione territoriale dei Parchi Nazionali ed in
funzione del dettaglio dei dati disponibili è preferibile che gli elaborati
cartografici siano prodotti in scala 1:25.000 o di maggior dettaglio.
GENERALITA'
La pianificazione
relativa alla previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi
può essere realizzata solo attraverso un apposito piano articolato e completo,
del quale si indicano di seguito in modo sintetico gli aspetti
fondamentali.
Il presupposto
teorico su cui si basa la pianificazione di previsione, prevenzione e lotta
attiva contro gli incendi boschivi fa riferimento all'approccio sistemico
proposto dall'ecologia del paesaggio. In questi ultimi decenni le discipline
scientifiche di base ed applicate hanno spesso collaborato in quanto la
fruizione e la conservazione delle risorse si basa sulla conoscenza di modelli
funzionali e strutturali di natura complessa alla cui definizione concorrono
gruppi disciplinari diversi integrati nella ricerca ecosistemica di linee di
azioni capaci di ridurre il rischio di incendio e favorire un recupero correlato
con la serie di vegetazione e l'unità di paesaggio locale.
Tutto ciò che
segue fa quindi riferimento alle direttive di interesse ambientale elaborate a
scala europea e planetaria. Tra queste è opportuno citare la Direttiva Habitat,
la Convenzione di Rio e la recente Direttiva sulla Conservazione dei Paesaggi
Europei e ai regolamenti comunitari emanati al fine di proteggere le foreste
della comunità contro gli incendi.
Per quanto
riguarda il nostro Paese, le linee guida fanno riferimento all'eccezionale
evoluzione delle discipline forestali (basti in proposito citare la
"Selvicoltura Sistemica"), alla capacità di individuazione dei modelli sistemici
di riferimento derivante dall'applicazione dell'ecologia funzionale e della
fitosociologia paesaggistico-dinamica e alle novità territoriali e
paesaggistiche legate alla classificazione gerarchica del territorio e, più in
generale, all'ecologia del paesaggio specialmente per quanto concerne la
valutazione ecosistemica della frammentazione e della connettività tra sistemi
complessi.
Quindi, alla luce
di quanto detto sopra è opportuno che nella redazione del piano vengano
rispettati alcuni principi generali, di seguito indicati:
a - necessità
di conferire carattere omeostatico al piano. Per tale principio le attività
da svolgere devono essere organizzate in modo da poter sopportare delle
variazioni impreviste. Accade spesso che vi siano delle variazioni rispetto a
quanto previsto per il sopraggiungere di difficoltà che non sono normalmente
prevedibili. Quindi, la strutturazione degli interventi deve essere impostata
in modo da rendere ognuno di essi capace di mantenere la sua efficacia senza
dipendere da altre realizzazioni. Un esempio può essere fornito dagli invasi
di rifornimento idrico che devono avere delle caratteristiche adatte a rifornire
tutti i mezzi e le squadre che operano per l'estinzione.
b -
integrazione tra la prevenzione e l'estinzione. In ogni pianificazione
corretta deve essere rispettata una rigida proporzionalità tra gli interventi
che hanno tra loro funzioni complementari. Per i diversi popolamenti
forestali si devono definire due parametri chiave: l'intensità del fronte di
fiamma non superabile e l'intensità massima prevista. Con la prevenzione può
essere assorbita una certa quota di intensità. Affiancando alla prevenzione
l'estinzione si può raggiungere l'intensità non superabile. Per tale motivo non
si può prescindere dalla definizione di quanto sia possibile raggiungere con la
prevenzione e di quanto con l' estinzione. Ecco perché l'estinzione deve essere
dimensionata in funzione degli obiettivi da raggiungere e della prevenzione
realizzata. Il progetto dell'organizzazione dell' estinzione discende
dall'analisi forestale iniziale con la quale si definisce in primo luogo la
grandezza degli incendi previsti e del limite che si desidera non superare. Ciò
riguarda i termini preventivi legati alla pianificazione forestale: va da sé che
bisognerà agire anche sui temi educativo ed informativo, unica via possibile per
il ridimensionamento del problema agendo sulle cause che sono quasi sempre
legate a problematiche di natura sociale.
c - priorità
di intervento. Il Piano deve necessariamente prevedere le priorità sia in
termini di azioni dirette ed indirette sia in termini di valenze ambientali,
sociali e produttive. L'eterogeneità spaziale con cui si manifesta il diverso
uso del suolo impone di conoscere il diverso valore sociale ed ambientale di un
determinato territorio. Il Piano è pertanto strettamente collegato con le
analisi propedeutiche e con le valutazioni di rischio e di pericolosità
individuate e che, oltre alle caratteristiche intrinseche delle comunità
vegetali e delle destinazioni d'uso, tengono conto anche delle modificazioni
d'ordine antropico e delle possibilità e caratteristiche del dinamismo in
atto
d - aspetto
previsionale di verifica della pianificazione. Questo aspetto è un principio
tipico della pianificazione mirato a verificare se le iniziative e le
realizzazioni hanno portato nel tempo a risultati positivi. E' quindi necessario
prevedere metodi di monitoraggio delle misure di previsione, prevenzione e lotta
attiva adottate nel piano, che verifichino se siano stati raggiunti i risultati
voluti. In caso positivo si provvederà poi a realizzare una tappa successiva di
pianificazione al momento della revisione del piano stesso. Se invece i
risultati, anche parziali, non sono stati raggiunti si deve provvedere ad
individuare i motivi dell'insuccesso e a proporre nuovi interventi nel contesto
della revisione del piano. Si mira in tale modo, con un percorso di tipo
adattivo, ad ottenere successivi e costanti avanzamenti e miglioramenti
della situazione ambientale il cui livello ottimale non può essere raggiunto in
un solo periodo di validità del piano.
e - necessità
di considerare la protezione dagli incendi boschivi materia in veloce
evoluzione. L'insieme delle determinazioni di pianificazione devono essere
realizzate considerando che le conoscenze relative alla protezione dagli incendi
sono via via in evoluzione. Le nuove conoscenze e tecniche, il cui inserimento
risulta assolutamente indispensabile, possono essere incorporate e recepite nel
processo di pianificazione solo se questo lo preveda, rispettando quindi quanto
detto nel punto precedente.
Come già detto in
precedenza , le linee di pianificazione delle aree protette dello Stato, in
applicazione della L 353/2000 dovranno essere, nell'impostazione generale,
strutturalmente analoghe a quelle del piano regionale. E' opportuno, però,
considerare che la Direttiva Habitat del '92, caposaldo dell'attuale
politica di conservazione e tutela degli ambienti naturali in Europa, che ha
portato alla proposta dei siti costituenti la rete Natura 2000, tende a
rivalutare anche i siti degradati, purchè essi abbiano mantenuta inalterata la
capacità di recupero funzionale e strutturale. Ciò modifica dal punto di vista
concettuale la valutazione dei sistemi ambientali in quanto richiede che il
pianificatore sia in grado di riconoscere non solo le valenze ambientali
attualmente presenti, ma anche quelle potenziali. Tutto ciò perchè nella
logica sistemica è importante saper valutare il contributo di ogni singolo
habitat rispetto alla funzionalità sistemica e alla complessità dell'area
protetta nel suo insieme.
Rispetto ai
criteri regionali, ai fini della pianificazione relativa alla protezione contro
gli incendi boschivi emergono delle differenze date dalle peculiarità della
situazione. Ciò è dovuto soprattutto al fatto che nelle aree protette,
unitamente alla differenziazione delle realtà territoriali, si deve valutare in
modo più attento il problema della complessità delle emergenze naturalistiche e
del loro rapporto con il trauma causato dal fuoco. Questa analisi di
dettaglio è necessaria per definire gli interventi sia in rapporto alle esigenze
della copertura vegetale, alla sua evoluzione e mantenimento, sia al limite
rispetto alla stessa opzione zero: se si debba cioè intervenire o meno in aree
percorse dal fuoco. L'obiettivo principale, enunciato dalla stessa L.353/00,
che si vuole raggiungere con il piano di protezione delle aree boscate contro
gli incendi nei parchi deve essere quello di limitare i danni mirando sia alla
riduzione delle superfici percorse che alla diminuzione del numero di eventi.
Pur non trascurando le cause determinanti che si possono più difficilmente
contrastare, l'intervento di prevenzione si concentra maggiormente sul controllo
e sulla gestione dei fattori predisponenti, cioè quei fattori che insieme
concorrono a condizionare il comportamento del fuoco e quindi la forza
distruttiva e i danni che esso può causare, nonché la potenziale difficoltà di
controllo da parte del servizio di estinzione. I danni più ingenti sono
causati da fronti di fiamma che si propagano con intensità elevata e che
caratterizzano incendi di grandi dimensioni, mentre gli eventi più piccoli
spesso non hanno alcun effetto negativo rilevante. La limitazione dei danni
gravi si potrà ottenere, prevalentemente, con provvedimenti che mirano ad
evitare l'accadimento di eventi di grandi dimensioni. Per questo motivo è
necessario analizzare in dettaglio il territorio e distinguere zone con
differente predisposizione al fuoco, realizzare in esse la prevenzione diretta e
a maggior ragione disporre di un affidabile sistema di previsione del
comportamento dell'incendio.
Nelle aree
protette la prevenzione diretta deve essere realizzata con metodi di basso
impatto ambientale, sottolineando che le realizzazioni di prevenzione
diretta non devono essere traumatiche per il territorio e non devono causare
trasformazioni irreversibili. Per tale motivo si deve fare ricorso a tecniche di
basso impatto, puntando soprattutto sui processi di rinaturalizzazione e
sull'aumento delle capacità omeostatiche dei sistemi ed il loro grado di
resilienza interno, evitando quanto più possibile tutti gli interventi che
comportano delle trasformazioni, quali potrebbero essere ad esempio invasi di
rifornimento idrico in cemento o strade antincendio che nei parchi è bene che
siano limitati. Particolare cura va anche posta nella valutazione dell'incidenza
in termini di frammentazione e perdita della connettività di eventuali opere
finalizzate alla prevenzione dell'incendio stesso.
In sede di
pianificazione l'adozione dei principi fondamentali enunciati nelle
premesse:
- carattere
omeostatico - integrazione tra prevenzione ed estinzione - priorità di
intervento - aspetto revisionale di verifica della
pianificazione
consente una
armonizzazione con i dettami dell'art. 12 della Legge Quadro sulle Aree Protette
n. 394 del 6/12/91 ed in particolare all' organizzazione e differenziazione
d'uso del territorio, ai vincoli e all'accessibilità veicolare e
pedonale.
Previsione
Con questa
attività si mira a conoscere in anticipo rispetto al momento attuale la
probabilità che avvengano gli incendi, la loro frequenza e possibilmente anche
il loro comportamento. La previsione è prevista dall'art. 3, comma 3, lettere d)
e g) della L. 353/2000. La previsione è ovviamente collegata con le
caratteristiche climatiche fisiche e biologiche del territorio e pertanto con la
classificazione gerarchica del territorio.
Questa attività,
di per sé molto importante nella pianificazione per la protezione contro gli
incendi boschivi in generale, assume rilevanza singolare per i parchi dove si
deve potere contare sull'elevata probabilità di non permettere che l'incendio si
diffonda.
Descrizione
del territorio
In prima istanza
è fondamentale la conoscenza delle linee di impostazione di carattere
pianificatorio generale che vengono applicate o comunque previste per un
determinato territorio al fine di valutarne il rapporto che intercorre con le
determinazioni pianificatorie per la protezione contro gli incendi boschivi. La
conoscenza nel dettaglio di tutte le pianificazioni in atto, ( molti sono i
soggetti abilitati a formalizzare piani di indirizzo e piani di sviluppo ), ha
una grande importanza nell'accentuare o mitigare il rischio di incendio, come
pure è essenziale conoscere tutto ciò che abbia ricadute dirette o indirette sul
pattern di distribuzione delle diverse attività produttive o
conservative.
E' opportuno
evidenziare, inoltre, il ruolo che la conoscenza del modello organizzativo
attuale del territorio del parco assume nei riguardi della previsione,
prevenzione, estinzione e ricostituzione delle superfici percorse dal
fuoco. A tal fine, è necessario fare indagini preliminari per ottenere una
quadro della situazione ed acquisire informazioni sul sistema ambientale e sulla
pianificazione territoriale, agraria e forestale e specificatamente su quella
relativa alla protezione contro gli incendi boschivi. Nelle aree protette, in
relazione alla specificità stessa dell'area, possono assumere una primaria
importanza anche popolazioni animali e vegetali, habitat, comunità o sistemi di
paesaggio che di norma non sempre si riconoscono di elevato interesse
ambientale. Con queste indagini si tenderà ad acquisire delle conoscenze da
utilizzare sia per l'impostazione delle attività pianificatorie, sia per la
realizzazione dei relativi progetti attuativi. In modo particolare deve essere
acquisito il complesso delle linee di pianificazione ecologica del territorio a
parco e la conoscenza della dinamica delle popolazioni e delle comunità che il
Parco intende conservare, nonché la situazione socioeconomica. E' opportuno
tenere presente che molti Parchi si pongono l'obiettivo di "conservare la
biodiversità". Nel nostro Paese spesso la biodiversità è legata all'azione
dell'uomo ed in particolare nell'ecosistema mediterraneo è fortemente legata
all'uso del fuoco per liberare porzioni di territorio dalla cenosi legnose e
quindi favorire il pascolo. Ciò complica notevolmente l'opera del pianificatore
in quanto spesso per conservare alcune popolazioni animali e/o vegetali è
necessario intervenire per evitare la ripresa del bosco o di cespuglieti che
riducono la superficie delle zone aperte; in questi speciali ambiti, anche
l'azione del fuoco si può considerare quale fattore ecologico.
Di seguito
vengono indicati i principali elementi su cui estendere le indagini:
Conoscenza
dell'eterogeneità spaziale in termini attuali e potenziali
A monte di
qualsiasi elemento pianificatorio è essenziale conoscere nel dettaglio
l'articolazione spaziale, strutturale e funzionale della copertura del suolo
e del suo attuale uso. Purtroppo spesso vaste porzioni di territorio sono
ancora prive di questa informazione a scala adeguata, mentre il rischio e la
pericolosità sono strettamente connessi con la disposizione spaziale delle
diverse fisionomie. Particolare importanza è inoltre legata alla conoscenza
non solo tipologica delle diverse attività, ma anche alla conoscenza puntuale
delle informazioni connesse con la definizione della struttura verticale ed
orizzontale di una comunità. L'aggiornamento della cartografia di dettaglio, ad
esempio secondo la nomenclatura di dettaglio prevista dallo sviluppo del
programma CORINE Land Cover, non è quindi solo un elemento conoscitivo di base,
ma è elemento essenziale del progetto del Piano. Con questo documento, da tenere
sempre aggiornato, è inoltre possibile aggiornare anche le priorità di
intervento.
La
pianificazione forestale
In questa analisi
complessa devono anche essere esaminate le linee di pianificazione seguite per
realizzare i piani di gestione forestale. Queste conoscenze sono necessarie per
conoscere soprattutto le principali finalità (beni e servizi) che si vogliano
ottenere dal bosco in quel contesto ambientale e socioeconomico. La conoscenza
delle finalità di carattere generale e, quindi, i criteri seguiti per realizzare
i piani di assestamento e di gestione (riordino, riassetto, piani speciali di
settore nell'ambito dei piani di assetto dei parchi e delle riserve,…) delle
risorse forestali sono necessari per comprendere meglio gli obiettivi che si
vogliono ottenere con la utilizzazione del bosco. Tutto questo dato che vi è uno
stretto rapporto tra le trasformazioni previste con l'assestamento e gli
interventi di pianificazione nella protezione delle aree contro gli incendi
boschivi.
Interventi
selvicolturali
Serve conoscere
quale sviluppo sia dato alla selvicoltura ed in modo particolare alla
selvicoltura preventiva su tutta l'area compresa nel piano di protezione contro
gli incendi boschivi, che nella fattispecie è tutta l'area protetta. La
distribuzione, la tipologia e l'intensità degli interventi influenzano, infatti,
notevolmente la possibilità di diffusione degli incendi. Nelle aree protette i
boschi vengono considerati maggiormente per la loro multi funzione che non per
la produzione stessa di legname e degli altri prodotti non legnosi. All'interno
del Parco in prima istanza va definito per quali boschi si intenda conservare
una attitudine produttiva o turistico ricreativa specifica e a quali lasciare
prevalere l'attitudine definita in sensu latu "ecologica". Si tratta di una
scelta molto complicata, ma necessaria in quanto vaste porzioni del nostro Paese
sono state sottoposte a rischio idrogeologico anche a causa di una cattiva
gestione forestale adottata in passato.
E' da tener
presente che la conoscenza dello stato di gestione del bosco consente anche di
realizzare una mappatura del probabile comportamento del fuoco.
Gestione
dei pascoli
Questa indagine è
giustificata dalla rapida diffusibilità dei fronti di fiamma radenti nei
pascoli. Poiché la velocità del vento, in tale ambito, non è infatti rallentata
dalla copertura arborea o arbustiva, gli incendi assumono i valori più alti di
velocità di propagazione proprio all'interno di questa fisionomia. Tale fatto
giustifica una conoscenza della ubicazione e delle caratteristiche dei pascoli.
E' inoltre evidente come questa fisionomia risenta, ancor più delle fisionomie
forestali, dell'andamento climatico, degli effetti di prolungati periodi di
aridità ed in particolare del carico animale (erbivori domestici e selvatici)
che dovrebbe essere opportunamente regolamentato. Si ritiene che, come
anticipato in premessa, la figura del pastore e in generale del gestore privato
locale, può assumere un importantissimo ruolo nell'attività di prevenzione
dell'incendio boschivo per cui un suo coinvolgimento, anche con incentivi
economici, è senz'altro auspicabile.
Pianificazione faunistica
Il territorio
forestale ospita numerosissime popolazioni animali. Tra esse alcune, come gli
ungulati selvatici, hanno una particolare interferenza con il bosco e il suo
sviluppo. Per tale motivo possono essere intraprese delle attività che
modificano la copertura forestale conferendole la capacità di ospitare un
maggior numero di animali. In altri casi non si desidera aumentare il numero ma
proporre una migliore gestione. Per tali motivi è opportuno conoscere gli
interventi finalizzati alla pianificazione faunistica poiché essi si correlano
con quelli di protezione contro gli incendi boschivi.
Il territorio
forestale e il suo mosaico vanno analizzati in funzione specifica degli habitat
che offrono alla fauna selvatica. In particolare si dovrà porre attenzione non
solo ai vertebrati ed alla fauna superiore, ma anche a tutte le forme animali
che costituiscono parte fondamentale della biodiversità. In questo senso
l'accumulo di legno morto in foresta che sembra contraddire l'opportunità di
limitare la necromassa presente in quanto primo propagatore del fuoco, è bene
che sia gestito con particolare attenzione, quindi sarà necessario inventariare
in modo quantitativo la presenza di questa componente della foresta con appositi
rilievi.
Definizione
delle zone di interfaccia urbano-foresta
Anche le aree di
interfaccia urbano foresta richiedono interventi pianificatori particolari.
Infatti in questa zona il bosco può essere il veicolo per un incendio che
potrebbe danneggiare insediamenti civili. Si verifica anche la situazione
contraria, divenendo il bosco l'oggetto di trauma da parte di incendi originati
dalle attività in ambienti urbanizzati. Per tali motivi si ritiene opportuno
disporre di un'indagine che evidenzi la distribuzione e la concentrazione
dell'interfaccia. In linea generale tale interfaccia deve assolutamente
privilegiare la riduzione del rischio d'incendio rispetto anche alla
conservazione di elementi strutturali e funzionali caratteristici del sistema
forestale stesso.
Assai importante
diviene quindi, la definizione di interfaccia urbano / foresta e la
caratterizzazione tipologica della zone di interfaccia, secondo:
- differenziazione delle
tipologie di bosco in termini forestali e vegetazionali;
- differenziazione delle
tipologie di combustibili;
- simulazione di comportamento
del fronte di fiamma;
- stima della pericolosità
specifica.
Cartografia
di base, banche dati e supporti informatici
Per realizzare il
piano di protezione contro gli incendi boschivi sono assai utili alcune
documentazioni base di descrizione del territorio, da rendere compatibili, come
già detto in premessa, con gli standard del Progetto"Sistema Cartografico di
Riferimento", approvato dalla Conferenza Stato-Regioni-Province Autonome, il 12
ottobre 2000. Tra esse si citano le seguenti:
- cartografia
topografica di base - cartografia dell'uso del suolo e relativi gradi di
copertura per le formazioni forestali - cartografia tipologica forestale -
cartografia delle unità ambientali e delle unità di paesaggio (sigmeti e
geosigmeti) - cartografia delle serie di vegetazione - cartografia delle
emergenze floristiche e faunistiche - cartografia della zonazione delle aree
a parco - inventario forestale - cartografia dei modelli di
combustibile - orografia (DTM) - fitoclima - rete
viaria
Per le
descrizioni dell'andamento degli incendi e dei fattori predisponenti e per
l'individuazione delle zone a rischio: alto, medio e basso ( decisione (CEE) n°
C(93) 1619 del 24.06.1993 , integrata dalla decisione Sg. (95) D/2205 del
27.02.1995), è necessario anche disporre dei seguenti:
- serie storica
degli incendi (comprendendo tutte le informazioni rilevate attualmente per
ciascun incendio dal Corpo Forestale dello Stato) per almeno 10-15 anni -
cartografia delle aree percorse dal fuoco nell'ultimo quinquennio - serie
storica dei dati meteorologici (precipitazioni, vento, umidità e temperatura
dell'aria, insolazione) con localizzazione delle stazioni meteorologiche e
modalità di raccolta dei dati, nonché di elaborazioni degli stessi sulla
distribuzione spazio-temporale degli incendi.
Si dovrà disporre
di un sistema di previsione di livello generale tramite il collegamento con
servizi di previsione a scala regionale e continentale tipo sistema EUDIC
(European Ranger Information Communication).
Si deve poi
affiancare a queste informazioni una previsione di dettaglio: essa deve essere
realizzata preferibilmente con un metodo meteorologico, cumulativo, di inizio e
diffusione, la cui risposta sia validata dalle condizioni ambientali del
parco.
Le
zonizzazioni
Si ritiene che,
indipendentemente dalla dimensione dell'area, si debba comprendere tutto il
territorio nel contesto della pianificazione, senza escludere zone in cui il
problema sia meno intenso o trascurabile, ma anzi considerando anche le porzioni
di zone contigue eventualmente significative ai fini preventivi. Questa
scelta è motivata sia dalla comune valenza ambientale di tutte le zone che sono
ritenute tali solo per essere comprese nella delimitazione a parco, sia dalla
necessità di evitare la complicazione di sovrapporre, in modo discontinuo
sull'area del parco, regole previste dalla legge che differenziano le zone
comprese e le zone escluse dal piano. In linea generale la conoscenza
territoriale dovrà basarsi sulla classificazione gerarchica del territorio,
ossia sulla individuazione dei sistemi, sottosistemi ed unità
ambientali. Sulla base delle conoscenze litologiche, morfologiche,
floristiche, faunistiche, vegetazionali, di uso del suolo e infrastrutturali è
possibile riconoscere e qualificare in termini di suscettività agli incendi le
diverse porzioni del territorio. Sulla base di tali informazioni si arriva a
tracciare la zonizzazione dell'area soggetta al rischio e ricompresa nel piano.
Essa, in linea di larga massima, segue la frequenza di incendio e viene
integrata da emergenze locali, in funzione della loro sensibilità al
danneggiamento provocato dal fuoco oltre che dall'intensità del
problema. Poiché il piano di protezione contro gli incendi boschivi
prevede interventi diversi distribuiti sul territorio in relazione a quanto
precedentemente detto, è necessario provvedere a zonizzare il territorio stesso
in funzione delle problematiche causate dal passaggio del fuoco. E'
opportuno correlare le zone alla classificazione gerarchica del territorio, e
comunque (soprattutto in funzione della dimensione dell'area protetta)
individuare parti omogenee per distribuire su di esse interventi altrettanto
omogenei e proporzionati. La zonizzazione, quindi, distinguerà sul territorio
una serie di realtà omogenee per problematiche pirologiche presenti
all'attualità. E' importante segnalare questo principio in quanto l'attuale uso
del suolo può avere un ruolo molto significativo. Per definire la
zonizzazione attuale verranno analizzati i seguenti punti, utilizzando i dati
disponibili a scala adeguata.
Caratteristiche fisiche e biologiche del territorio: si tratta
delle informazioni necessarie per definire il quadro di riferimento in termini
funzionali e strutturali in linea con i principi della ecologia del
paesaggio.
Fattori
predisponenti: insieme di variabili che con azione combinata consentono il
verificarsi delle potenziali condizioni per lo sviluppo del fuoco. Questa
indagine è prevista dall'art. 3, comma 3, lettera a), della L. 353/2000. Mentre
infatti le cause determinanti sono nel nostro Paese, e in generale in tutta
l'Europa mediterranea, legate direttamente o indirettamente alle attività
antropiche, i fattori predisponenti sono riconducibili alle variabili
meteorologiche e topografiche e alle caratteristiche della biomassa bruciabile
presente negli ambienti naturali. In particolare, la biomassa bruciabile è
costituita dalla componente vegetazionale degli ecosistemi, a cui nella
protezione dagli incendi boschivi si fa spesso riferimento con il termine di
combustibile forestale. I fattori rilevanti per il rischio di incendio sono
dunque molti e caratterizzati da forti interazioni. Se, in linea generale,
possono essere identificati gli elementi del territorio che hanno un ruolo
significativo nel determinare la distribuzione spaziale del rischio, con
riferimento a specifiche realtà il peso di ogni singolo fattore può essere molto
diverso, e le interazioni giocano un ruolo chiave. Si pensi, ad esempio, agli
incendi dell'arco alpino, concentrati nel periodo invernale e primaverile, per i
quali un fattore fortemente limitante può essere la presenza della neve, che non
ha invece alcuna relazione con gli incendi negli ambienti mediterranei. Negli
ultimi anni, grazie anche alla grande diffusione dei sistemi informativi
geografici (GIS) e alla aumentata disponibilità in forma digitale di dati
georiferiti, sono stati messi a punto vari metodi per la mappatura del rischio
di incendio a partire da informazioni relative alle caratteristiche territoriali
e alla distribuzione spaziale dei fattori influenti. Per impostare l'analisi dei
fattori predisponenti il rischio di incendio e quindi l'analisi del rischio
derivato dalle variabili di predisposizione, vanno affrontati i seguenti
temi: - le componenti spaziale e temporale; - le variabili di rischio;
negli esempi di zonizzazione del rischio di incendio reperibili in letteratura,
le variabili impiegate sono solitamente riconducibili alle tre citate componenti
di meteorologia, topografia e combustibili; - le modalità d'integrazione
delle variabili di rischio.
Cause
determinanti: si intendono gli aspetti che in una situazione definita da
fattori predisponesti possono dar luogo all'immediato sviluppo ed alla
propagazione del fuoco. Le cause determinanti dovranno essere distinte, in
conformità al Regolamento (CE) n° 804/94 che classifica l'origine presunta di
ciascun incendio, secondo le seguenti quattro categorie: - incendio di
origine ignota; - incendio di origine naturale, per esempio provocato dal
fulmine; - incendio di origine accidentale o dovuto a negligenza, ossia la
cui origine è connessa all'attività diretta o indiretta dell'uomo, senza che
questi abbia avuto l'intenzione di distruggere uno spazio forestale
(collegamenti elettrici, ferrovia, opere pubbliche, barbecue, bruciature di
stoppie sfuggite al controllo di chi ha acceso il fuoco, etc); - incendio di
origine dolosa (volontaria), ossia provocato con l'intenzione deliberata di
distruggere uno spazio forestale per qualsiasi motivo.
In particolare, è
opportuno fare una approfondita analisi e conseguente cartografia di quelle
infrastrutture giudicate connesse con le possibilità di innesco, come la
viabilità, identificando nel contempo le fasce di varia larghezza a cui
associare una certa incidenza di cause determinanti in funzione della distanza
dalla strada stessa della zona boscata.
Aree a rischio
con indicazione delle tipologie vegetazionali: Il rischio, come già detto
sopra, è un fattore statico che caratterizza il territorio nell'ambito della
zonizzazione attuale. Il rischio può cambiare solo sul lungo termine e deve
essere mantenuto distinto dal concetto di pericolo che è per definizione
variabile nel tempo, in relazione al verificarsi di più fattori
predisponenti.
Per la
zonizzazione del rischio statico ci si dovrà uniformare alla classifica
approvata dall'Unione Europea (c(93) n° 1619/93 integrata dalla SG (95)
D/2205/95, per il territorio italiano, che prevede:
- zone ad alto
rischio: zone il cui rischio permanente o ciclico di incendio di foresta
minaccia gravemente l'equilibrio ecologico, la sicurezza delle persone e dei
beni o contribuisce all'accelerazione dei processi di desertificazione; -
zone a medio rischio: le zone in cui il rischio di incendio di foresta ,
pur non essendo permanente o ciclico, può minacciare in misura rilevante gli
ecosistemi forestali; - zone a basso rischio: tutte le altre
zone.
Dati
anemologici e determinazione della impedenza ai venti delle coperture
forestali. Con questa indagine si evidenzia l'influenza del vento sugli
incendi. Il vento è determinante per la diffusione e per il comportamento del
fuoco e pertanto deve essere analizzato in tutte le sue componenti. E'
indispensabile individuare per ciascuna zona i "venti pericolosi" nella loro
tipologia predominante e in particolare è opportuno conoscere il tipo di
rallentamento che la copertura forestale ha sugli stessi . Infatti, la tipologia
e la distribuzione dei boschi ha influenza sul rallentamento della velocità del
vento e consente di prevedere, con sufficiente attendibilità, il comportamento
del fuoco.
Descrizione di
Fire regime (frequenza, intensità, stagione) e Fire severity (intensità x tempo
di residenza). Con questi parametri si giudica la cronologia e la
caratterizzazione con cui si verificano gli incendi nell'area in esame,
unitamente alla incidenza che hanno sul territorio forestale.
Classificazione dei carichi di combustibile e mappatura. Su tutto
il territorio su cui si estende il piano è indispensabile conoscere il tipo, il
carico del combustibile e la distribuzione delle tipologie di copertura
forestale che rappresentano uno strumento fondamentale per la pianificazione di
protezione contro gli incendi boschivi.
Definizione
della pericolosità e della gravità reale di incendio nell'area soggetta al
Piano.
La
pericolosità di incendio su un determinato territorio esprime la
possibilità del manifestarsi di incendi unitamente alla difficoltà di estinzione
degli stessi. La gravità esprime le conseguenze che derivano alle
coperture forestali in seguito al passaggio del fuoco. Sia la pericolosità sia
la gravità, da individuare per ciascuna zona omogenea del territorio, hanno vari
livelli e le relative soglie devono essere definite direttamente dal
pianificatore.
La
pericolosità Per la pianificazione di protezione contro gli incendi
boschivi l'unità territoriale da considerare deve essere compresa tra 50 km2 e
2000 km2, che corrisponde al campo di variazione della estensione dei parchi
nazionali. La pericolosità verrà quindi definita con vari fattori da reperire
sul territorio. In generale verranno considerati gli aspetti orografici quali
quota, esposizione dei versanti, rugosità della superficie, pendenza,
geomorfologia, per valutare come il fuoco può diffondersi. Verranno poi
considerate le caratteristiche della vegetazione forestale quali la composizione
floristica, forme di governo e trattamento, continuità verticale ed orizzontale
dei popolamenti, densità delle chiome, altezze dendrometriche e altezze di
inserzione delle chiome, modelli di combustibile per risalire alla probabili
caratteristiche del fronte di fiamma con particolare riferimento alla intensità,
presenza, quantità e distribuzione della necromassa. Infine si dovranno
considerare le caratteristiche relative alle reti idriche e viarie, alle
infrastrutture civili che unite a quelle orografiche potranno essere impiegate
per valutare la difficoltà di estinzione.
L'area di
riferimento per l'analisi e la rappresentazione della distribuzione spaziale
delle variabili indicate è di un ettaro, anche se in casi di particolare
interesse si potrà adottare un dettaglio maggiore. Tuttavia quest'ultima
scelta deve essere seguita solo in caso di effettiva necessità. Quindi,
l'insieme delle variabili riferite all'area elementare di 1 ettaro
esprime un "profilo di pericolosità" univoco che è relazionato all'insorgenza,
alla propagazione e alla difficoltà di controllo degli incendi.
Per aree vaste o
per aree dove gli incendi sono più frequenti e quindi vi è una significativa
quantità di dati, si possono eventualmente predisporre modelli empirici di
validità locale.
In tale modo si
possono raggruppare aree con "profilo di pericolosità" simile e, con riferimento
al centroide di ciascun gruppo, si potrà avere il profilo di pericolosità "tipo"
da attribuire a ciascuna situazione omogenea.
In ogni area
omogenea sarà indispensabile realizzare delle simulazioni del probabile
comportamento del fuoco con i modelli di previsione, come indicato nelle Linee
Guida, in grado di fornire indicazioni su probabile intensità, velocità di
avanzamento, tempo di residenza, altezza e lunghezza di fiamma.
Le simulazioni
saranno riferite alle condizioni generali che informano sulla tipologia di
incendio da considerare poiché maggiormente caratterizzante la zona.
Queste variabili
sono strettamente legate al danno sofferto dalla copertura forestale e alla
possibilità di lotta. In modo particolare l'intensità lineare, più avanti
definita, informa sulla possibilità di attacco diretto. Questo è l'attacco che
permette di minimizzare i danni e che tuttavia può essere applicato solo a certe
condizioni. Se queste non si verificano diviene necessario ricorrere ad altre
tecniche di estinzione, decisamente più traumatiche per la copertura forestale.
Pertanto la conoscenza di dove sia fisicamente possibile adottare le migliori
soluzioni è per un parco una tappa irrinunciabile.
Ipotizzando
scenari meteorologici prestabiliti, con l'uso dei modelli di previsione del
comportamento del fuoco, potrà essere prodotta una carta del comportamento
atteso dell'eventuale fronte di fiamma.
La gravità
reale nell'area a parco
La gravità reale
esprime le variazioni che gli incendi boschivi causano nell'ambiente con il
quale interagiscono. In questa fase della pianificazione si tratta di esprimere
il conflitto tra gli effetti negativi del potenziale incendio e la funzione
attesa dal sistema ambientale nella sua complessità strutturale e
funzionale.
In modo
particolare nei parchi, poiché non è verosimile proporre una pianificazione che
elimini nel periodo di validità tutti gli incendi, deve essere proposta una
serie di provvedimenti che possa contenerne gli effetti negativi.
In questo
contesto è utile introdurre il concetto di "impatto atteso" che verrà definito
nelle diverse zone come insieme di:
- intensità attesa del fronte di
fiamma, da cui discende la forza distruttiva potenziale dell'incendio.
- effetto atteso del fuoco nei
confronti della resistenza e della resilienza dei popolamenti
forestali.
Questa informazione esprime la vulnerabilità dell'ecosistema nei
confronti del fuoco e l'entità del disturbo che questo è in grado di
sopportare;
- finalità dell'area protetta e
zonazione relativa con i diversi livelli di tutela, da cui discende la
valutazione dell'importanza e del servizio atteso attribuito alle diverse
formazioni minacciate dal fuoco. Il peso dei livelli di tutela è relativo in
quanto va sempre correlato con la relativa suscettività all'incendio della
tipologia in esame. Si può infatti avere una riserva integrale per una zona
umida e una tutela inferiore per un bosco rado di roverella in esposizione
meridionale. Sarà senza dubbio questo secondo aspetto ad essere sottoposto al
massimo delle attenzioni possibili.
Concretamente,
quindi l'"impatto atteso" sarà derivato dalla combinazione di tre "impatti
parziali". Gli effetti del fuoco sono legati al suo comportamento.
L'intensità lineare (quantità di calore emanata nell'unità di tempo per unità
lineare di fronte di fiamma) è il parametro maggiormente correlato agli effetti
del fuoco e può determinare conseguenze da molto limitate a gravissime
sull'ecosistema. Quindi, si avrà un "effetto atteso" sulla copertura forestale,
ed in generale sull'ambiente del parco, che dipende dall'intensità,
dall'estensione dell'incendio, ma soprattutto dalla sensibilità della
vegetazione, e in particolare dalla sua resilienza e resistenza.
Modulazione
degli interventi
Relativamente
all'impatto atteso degli incendi nelle diverse zone protette si dovrà procedere
ad una zonizzazione differente.
Gli interventi
dovranno essere modulati in funzione delle differenti finalità delle aree del
Parco, in considerazione di quanto previsto dalla L. 394/91, che individua
diversi gradi di protezione:
(a) riserve
integrali (in cui l'ambiente naturale è conservato nella sua integrità); (b)
riserve generali orientate (con forti limitazioni nella realizzazione di nuove
opere o di trasformazione del territorio, in cui possono essere consentite
utilizzazioni produttive tradizionali e i servizi connessi); (c) aree di
protezione (nelle quali possono ammettersi attività agrosilvopastorali nei
limiti fissati dall'ente parco); (d) aree di promozione economica e sociale
(in cui sono ammesse attività più intensive e azioni di valorizzazione
economica, culturale e sociale, coerenti con le finalità del
parco).
Nell'ambito dei
differenti livelli di protezione per individuare l'impatto atteso, si farà
riferimento ai parametri con cui gli incendi potrebbero essere maggiormente in
conflitto tenendo sempre ben presente la naturale predisposizione al rischio
d'incendio delle diverse formazioni.
Pericolosità e gravità della zona
Avvalendosi delle
elaborazioni precedenti, il territorio viene suddiviso in aree omogenee che
indicano rispettivamente la pericolosità e la gravità reale di incendio. Per
la definizione dei parametri di gravità e di pericolosità si farà riferimento ai
concetti generali che sono stati espressi nei criteri di pianificazione validi
per tutto il territorio regionale ed illustrati nei capitoli precedenti. Il
passo successivo della pianificazione a fini di protezione della zona contro gli
incendi, non può prescindere dal considerare ambedue i parametri valutati
unitamente e in modo sintetico. Pertanto, per ciascuna area la conoscenza
della pericolosità e della gravità, che tiene conto di tutti i parametri
pirologici ponderati precedentemente consentirà di avere una situazione
pirologica complessiva.
La priorità
di intervento
La priorità degli
interventi di prevenzione diretta, sarà accordata in funzione della combinazione
dei valori di gravità e pericolosità di ogni zona omogenea. Tuttavia può
accadere che nel territorio del parco vi siano più zone di pari valore di
gravità e pericolosità. In previsione di tale evenienza, disponendo dei dati
sufficienti, si prevede di ricorrere al concetto del tempo di rotazione. Il
tempo di rotazione viene definito come il rapporto tra la superficie boscata
dell'area e la superficie boscata media annua percorsa della stessa area. Il
reciproco di questo rapporto può essere visto come tempo di ritorno (numero di
anni necessari affinché la stessa superficie venga nuovamente interessata
dall'incendio) oppure periodo di tempo necessario affinché tutta la superficie
boscata dell'area venga percorsa dal fuoco.
Obiettivi
La legge 353/00 ,
in materia di incendi boschivi nasce dalla diffusa convinzione che l'approccio
più adeguato per perseguire la conservazione del patrimonio boschivo, bene
insostituibile per la qualità della vita, sia quello di promuovere ed
incentivare le attività di previsione e di prevenzione, anzichè privilegiare la
fase emergenziale legata allo spegnimento degli incendi. Nell'attuale
impostazione del piano è necessario realizzare una organica gestione degli
interventi e delle azioni mirate a mitigare le conseguenze degli
incendi. Tale impostazione comporta che si accetti che il fuoco possa
percorrere parte del territorio posto a protezione. In tale caso si definiscono
precisi limiti di comportamento del fuoco e di estensione totale. Questa
impostazione comprende un concetto applicabile per lo più ad area vasta, e
quindi di livello regionale. L'obiettivo del piano delle aree a parco quindi
deve basarsi sull'applicazione del criterio della "riduzione attesa di
superficie media annua percorsa dal fuoco" da realizzare per tappe
successive, tendendo a raggiungere il contenimento totale, se possibile.
La riduzione
attesa di superficie percorsa è comunque un obiettivo parziale di cui si deve
verificare la concreta realizzabilità nel periodo di validità del piano. Le
linee di pianificazione devono essere stabilite e mantenute valide nella loro
impostazione per un periodo sufficiente a valutarne i risultati. Detto
periodo viene previsto indicativamente tra 3 e 5 anni. L'impostazione
pluriennale non esclude le revisioni annue di cui alla L. 353/2000 (art. 3,
comma 3) che per le aree a parco devono avere soprattutto l'obiettivo di
controllo dei risultati delle azioni preventive. A tale fine è indispensabile
fare riferimento alle zone omogenee precedentemente descritte, collocando in
esse gli interventi in funzione dell'impatto atteso. Integrano gli interventi
assegnati alle singole zone omogenee gli interventi generali che estendono la
loro efficacia su tutto il territorio del parco.
Per la
realizzazione di quanto sopra è opportuno avvalersi dei seguenti
elementi:
Definizione
degli obiettivi. Gli obiettivi da perseguire per la protezione di un'area
protetta contro gli incendi devono essere assai rigorosi e strettamente connessi
con gli obiettivi specifici per i quali si è costituita l'area protetta. In
generale l'obiettivo si concretizza con la superficie percorsa dal fuoco
massima accettabile.
Definizione
dell'impatto accettabile per area omogenea e per tipologia forestale.
Ogni area omogenea può sopportare un impatto che viene deciso dal pianificatore.
La variabilità di situazioni non permette di fornire delle indicazioni generali,
infatti si può spaziare da livelli di impatto nulli ad elevati. In funzione del
livello di impatto accettato cambiano molto l'impegno e i costi per
rispettarlo.
Esigenze di
protezione e tipologie di intervento nelle aree omogenee. Questa fase
consiste nell'assegnazione delle tipologie di intervento di contenimento del
fuoco alle differenti zone omogenee. Sulla base dell'obiettivo relativo alla
zona omogenea si stabilisce quali siano gli interventi da realizzate per
raggiungerlo. Gli interventi saranno distribuiti tra prevenzione ed estinzione
impiegando tutti i possibili mezzi e tecniche. Questa fase è assai delicata
poiché comporta l'inserimento di un provvedimento in una situazione, dovendone
prevedere i risultati.
Definizione
della superficie percorsa dal fuoco massima accettabile. La superficie
percorsa dal fuoco massima accettabile per ogni zona omogenea è una parte
fondamentale del piano e può essere determinata anche con procedimenti di
simulazione di comportamento del fronte di fiamma nelle varie situazioni tipo
riscontrate nella realtà del territorio. La definizione della superficie
percorsa massima deve essere correlata anche con le diverse caratteristiche di
recupero spontaneo della vegetazione stessa. La conoscenza della resilienza e
della tempistica del recupero dovranno entrare operativamente nel modello
finalizzato alla definizione della "superficie percorsa massima accettabile".
Per un'area a Parco che assume dimensioni ampie (come alcuni Parchi Nazionali)
servirà una specifica successione di tappe pianificatorie. Nel caso specifico,
essendo tali aree protette costituite per la salvaguardia di particolari
situazioni ambientali o per la conservazione di certe popolazioni, si dovrà in
prima istanza valutare il danno potenziale in relazione a tale obiettivo e
quindi successivamente si dovrà cercare di limitare al massimo il valore
della superficie percorsa dal fuoco massima accettabile considerando
sempre che esso è inversamente proporzionale ai costi.
Definizione
della riduzione attesa di superficie media annua percorsa dal fuoco Questa
grandezza , strettamente collegata alla precedente definizione della
superficie percorsa dal fuoco massima accettabile, ne rappresenta una tappa
parziale da adottare in caso in cui non sia possibile raggiungere, nel periodo
di validità del piano, il valore desiderato.
PREVENZIONE
Nel piano
verranno previste tutte le possibili attività preventive finalizzate a rendere
meno probabili gli incendi, più contenuti i parametri di comportamento e più
facile l'estinzione.
Zonizzazione degli interventi
In questo
capitolo del piano si provvederà alla definizione degli interventi che si devono
realizzare per ogni area omogenea determinata a seguito delle indagini e delle
zonizzazioni attuale e degli obiettivi. Gli interventi devono essere dapprima
descritti nelle loro caratteristiche generali e in seguito precisamente
determinati nella intensità, tipologia e collocazione solo sulla base delle
risultanze delle precedenti zonizzazioni. Alcuni interventi sono di carattere
generale, non sono cioè assegnati a priori alle singole aree omogenee in quanto
aventi una ricaduta su tutto il territorio e non necessitano pertanto di essere
localizzati puntualmente in sede di pianificazione. Tra questi è prevista la
prevenzione indiretta, cioè l'attività che consente di portare a conoscenza
della cittadinanza le problematiche legate agli incendi boschivi affinché siano
adottati comportamenti più prudenti. Strettamente collegato alla prevenzione
indiretta dovrà essere definito il flusso informativo utile a raggiungere la
popolazione. Questa attività è sotto la responsabilità delle Regioni e deve
portare la popolazione a conoscenza dei vincoli e dei divieti, dei danni
procurabili dal fuoco, delle norme comportamentali da tenere in caso di incendio
e dei riferimenti per la segnalazione urgente di eventuali focolai. Il flusso
informativo previsto dall'art. 3, comma 3, lettera n) della L. 353/2000 deve
essere organizzato anche per fornire l'informazione in tempo reale del livello
di pericolo attuale.
Tipologia
degli interventi
Viabilità
operativa. Essa è intesa come l'infrastruttura che consente il
raggiungimento dei luoghi dove si manifesta il fuoco. Si tratta di viabilità
forestale la cui progettazione e realizzazione presenta aspetti delicati.
Infatti non è possibile ipotizzare di raggiungere tutti i luoghi forestali con
automezzi. Né può essere ipotizzato di estendere la rete viaria unicamente a
tale fine. Pertanto la dimensione di questa infrastruttura deve tenere conto in
modo rigoroso della superficie percorsa dal fuoco massima accettabile e
della riduzione attesa di superficie media annua percorsa dal
fuoco. La viabilità e l'accesso sono previste dall'art. 3, comma 3,
lettera i) della L. 353/2000. Può accadere che si evidenzi una carenza di
collegamento ed in tale caso si farà ricorso ad un servizio di elicotteri, che
comunque non arrechino disturbo all'avifauna presente.
Di seguito sono
riportate alcune indicazioni operative di massima:
- nel caso di realizzazioni di
strade queste potranno essere unidirezionali poiché la densità di traffico sarà
molto limitata, tuttavia dovranno essere previste frequenti piazzole di scambio
per l'andata e il ritorno dei mezzi, che saranno distanti non più di 400 m l'una
dall'altra.
- importantissimo nelle aree
protette è anche il momento della regolamentazione dell'accesso e dell'uso della
viabilità a scopi diversi (utilizzazioni, ricreazione,…).
Viali
tagliafuoco. Queste infrastrutture, realizzabili con varie tipologie
costruttive, sono strettamente collegate alla dimensione della superficie
percorsa dal fuoco massima accettabile e della riduzione attesa di superficie
media annua percorsa dal fuoco e alle modalità di estinzione previste
dal Piano per l'area in esame. Infatti la tecnica di estinzione adottata è
strettamente collegata al tipo di viale realizzato. E' comunque essenziale
inserire criteri di natura ecologica capaci di valutare gli effetti diretti ed
indiretti di tale "frammentazione". Si tratta di un problema complesso che da
una parte non può eliminare i viali tagliafuoco, ma può contribuire a tenere
sempre presenti gli impatti e le ricadute sul sistema ecologico nella sua
complessità, essendo tali interventi senza dubbio utili per limitare i danni
degli incendi. Nel parco si ricorrerà esclusivamente ai viali tagliafuoco di
tipo attivo verde e alle tende tagliafuoco attive. In generale, si prevede
che i viali attivi debbano contenere l'intensità lineare del fronte di fiamma
sempre al di sotto dei 400 kW/m dove si opera con attacco diretto a terra da
parte di squadre con attrezzature manuali. Dove si ritiene necessario
intervenire con mezzi meccanici, l'intensità lineare che il viale deve poter
contenere è di 800 kW/m, mentre dove intervengono mezzi aerei è di 1200
kW/m. Approvvigionamento idrico. L'approvvigionamento idrico
viene realizzato attraverso una rete di punti di rifornimento, fissi o mobili,
che devono essere configurati in relazione a tutti gli altri interventi di
prevenzione diretta ed alle componenti del servizio di estinzione. Deve essere
realizzato con sistemi di basso impatto ambientale e in particolare evitando la
costruzione di invasi in cemento. Si ritiene di dovere ricorrere a invasi di
piccola capacità, smontabili e asportabili. Risulta quindi assai importante
assicurarne una corretta collocazione. La distribuzione degli invasi sul
territorio, le loro caratteristiche costruttive e capacità, sono funzione dei
mezzi previsti per lo spegnimento.
Prevenzione
selvicolturale
Si tratta della
prevenzione diretta più efficace conosciuta anche se purtroppo non la più
diffusa. Si realizza con varie attività di tipo selvicolturale, attuate e
dimensionate in funzione del comportamento previsto del fronte di fiamma. Il
progetto di questo tipo di prevenzione si attua sulla base della distribuzione
dei popolamenti forestali, erbacei ed arbustivi, in armonia con le norme
previste dai piani di gestione eventualmente presenti, dell'impatto accettabile,
della superficie percorsa dal fuoco massima accettabile e della riduzione
attesa di superficie media annua percorsa dal fuoco.e del comportamento previsto
dell'incendio. Per quest'ultimo è opportuno avvalersi di modelli
matematici di previsione. L'attività di prevenzione selvicolturale è prevista
dall'art. 3, comma 3, lettera l) della L. 353/2000. La prevenzione diretta
selvicolturale mira a sottrarre dal potenziale combustibile vegetale, la quota
parte di carico non assorbibile con l'estinzione. Nelle Aree protette questo
tipo di prevenzione si deve ovviamente ben raccordare con gli obiettivi in
termini di conservazione della biodiversità e la tendenza ad avere cenosi
forestali e boschi vetusti capaci di far emergere nel modo migliore
l'eccezionale complessità funzionale del sistema foresta. Rinaturalizzazione
delle cenosi di derivazione antropica, armonizzazione delle strutture, verifica
degli ordinamenti presenti (fustaie, cedui, boschi non ordinariamente gestiti,
boschi di neoformazione, formazioni lasciate alla libera evoluzione) e
identificazione delle eventuali azioni di riordino bioecologico, sono i criteri
guida da seguire assieme all'impatto atteso e alla riduzione attesa di
superficie media annua percorsa dal fuoco.
Formazione
La formazione del
personale è indispensabile per l'efficacia di tutte attività. Pur con differenti
livelli di approfondimento deve rivolgersi ai progettisti delle opere di
prevenzione, ai coordinatori delle operazioni di spegnimento, agli operatori
addetti all'estinzione. Le funzionalità di tutti gli strumenti in dotazione
devono essere conosciute da coloro che attuano il coordinamento operativo, con
particolare riferimento alle modalità di impiego dei Sistemi di Supporto alle
Decisioni e dei modelli di simulazione di comportamento del fronte di
fiamma. Agli operatori, professionali e volontari, sarà opportuno far
conoscere i dispositivi di sicurezza operazionale e di protezione individuale
che devono essere utilizzati e tutti gli aspetti teorico - pratici delle varie
tecniche di estinzione.
Lotta
attiva
Le principali
attività di lotta attiva da prevedere con la pianificazione sono le
seguenti:
Sorveglianza. Attività di controllo del territorio da attuare
quando il livello degli indici di previsione del pericolo di incendio supera una
prevista soglia di attenzione. Può essere organizzato un servizio di controllo
che avverte la popolazione del livello del pericolo del momento. Ciò è
particolarmente valido in aree assai frequentate e di alto pregio
ambientale.
Avvistamento. Consiste nell'attività di individuazione diretta dei
focolai realizzata da terra sia con mezzi mobili che fissi, oppure dall'aria. Si
ritiene che questa attività, che può essere realizzata con varie tecniche, debba
essere applicata sul territorio rigidamente in conseguenza delle analisi che
evidenziano la vulnerabilità della copertura forestale e l'impatto accettabile.
Inoltre deve essere strettamente collegato alla previsione del pericolo ed
entrare in funzione solo al superamento di soglie precisamente definite per ogni
area omogenea. L'avvistamento è da intendersi come un servizio collocato a valle
della previsione del pericolo. Tanto più quest'ultima sarà affidabile ed
efficace, tanto minore potrà essere l'impatto della struttura di
avvistamento. Nei parchi deve, in genere, essere preferito all'avvistamento
con postazioni fisse quello basato su pattugliamento sia da terra sia con aerei.
Anche i luoghi da osservare, e quindi il tragitto che deve essere coperto dagli
osservatori, devono essere definiti in sede progettuale sulla base di
consolidate metodologie messe a punto per evidenziare le aree che meritano di
essere maggiormente poste sotto controllo. Nei casi in cui si fosse ritenuto
necessario ricorrere ad impianti fissi, qualora vi siano le condizioni di
elevato pregio in zone ad alto rischio e laddove sia possibile ospitarli senza
ricorrere a costruzioni di elevato impatto visivo, si ritiene che sia utile
impiegare dispositivi con controllo remoto.
Allarme.
La definizione dell'allarme avviene a seguito di segnalazione di evento
avvistato. La segnalazione può pervenire da parte del servizio di avvistamento
oppure da cittadini che avvisano tramite canali di comunicazione appositamente
pubblicizzati. Con l'allarme si mettono in moto le operazioni di intervento. Per
tale motivo l'allarme deve essere emanato solo da una struttura
autorizzata e comunque a conoscenza del livello di pericolo, dell'area
interessata, del momento e delle forze che possono essere fatte
intervenire.
Coordinamento
operativo. Si ritiene che presso il parco debba essere realizzata un
"punto di coordinamento". Detto punto di coordinamento, pur essendo
autonomo, deve essere in contatto diretto con le Sale Operative Unificate
Permanenti (SOUP) previste dall'art. 7 della L. 353/2000 per lo svolgimento
della lotta attiva di cui dall'art. 3, commi 1 e 3, lettera h),. Deve essere,
quindi, assicurato il collegamento tra il livello centrale (Regione) e quello
locale (area protetta). Quest'ultimo deve essere messo nelle condizioni di
ricevere le informazioni e l'appoggio tecnico per le operazioni, che derivano
dal lavoro fatto in sede centrale da personale esperto e possibilmente con
Sistemi di Supporto alle Decisioni di cui ogni sala operativa dovrebbe essere
dotata. Si dovrà inoltre organizzare il collegamento dell'attività operativa
svolta da diverse Regioni.
Procedure
operative e mezzi di lotta. Si dovranno organizzare le procedure operative
da seguire nelle differenti situazioni ed applicando le differenti tecniche di
estinzione. Dette procedure sono legate alle disposizioni regionali. Qualora non
fossero ancora stabilite si ritiene che il piano debba proporle con la finalità
di realizzare le migliori condizioni per rendere efficaci le differenti azioni
di lotta intraprese. In modo particolare si devono prevedere procedure operative
specifiche per i principali mezzi in dotazione.
PARTI SPECIALI
DEL PIANO
Ricostituzione boschiva Nel piano delle aree protette
deve esser dedicata particolare attenzione alla ricostituzione delle aree
danneggiate dal fuoco La parte del Piano finalizzata alla ricostituzione si basa
sulla conoscenza funzionale e strutturale delle diverse tipologie presenti nel
territorio. In particolare tiene conto delle caratteristiche sindinamiche (serie
di vegetazione) e del confronto tra eterogeneità spaziale reale e eterogeneità
potenziale. Solo il riferimento al modello neutrale ( eterogeneità potenziale o
carta della vegetazione potenziale) offre un criterio valido per valutare la
situazione reale e consente di riscostruire modelli di intervento non teorici,
ma strettamente collegati alla potenzialità del territorio confrontato con
l'attuale uso del territorio stesso. Anche in questo caso pertanto si dovrà fare
riferimento ai documenti di base con i quali abbiamo prodotto la classificazione
gerarchica del territorio. Il confronto cartografico tra attuale uso e
situazione potenziale fornisce una base molto concreta di valutazione delle
possibilità di ricostituzione a scala territoriale.
Sarà
successivamente essenziale definire i singoli modelli di ricostituzione
applicati alle diverse tipologie vegetazionali. La conoscenza di tali modelli
(serie di vegetazione) consente di valutare la congruità tipologica anche di
stadi degradati ( vedi per esempio cespuglieti) e contribuisce notevolmente alla
pianificazione degli interventi. Nella pianificazione degli interventi si dovrà
prendere sempre in considerazione la possibilità di non intervenire con impianti
diretti. Uno degli elementi essenziali nel processo di valutazione che conduce
al progetto di ricostituzione è indubbiamente la situazione della risorsa suolo.
Nel caso di scarsa frequenza senza perdita di suolo è facile far prevalere il
criterio di basso intervento. Nel caso invece di perdita della risorsa suolo
l'intervento dovrà essere finalizzato prevalentemente alla eliminazione di
questo rischio mediante la messa a dimora di specie erbacee ed arbustive della
serie di vegetazione in oggetto, capaci di eliminare, in tempi brevi, la perdita
di suolo.
L'attività da
svolgere deve essere definita da una apposita analisi svolta a livello regionale
con cui si individuano le aree prioritarie di intervento.
La ricostituzione
si affronta correttamente solo in un contesto generale di pianificazione
ecologica e forestale, individuando per tutto il territorio a parco i differenti
effetti degli incendi avvenuti e la dinamica della ricostituzione
spontanea. Gli interventi di ricostituzione che si prevederà di adottare
verranno modulati in funzione di tutte le caratteristiche ambientali e nel
rispetto della multifunzionalità della copertura forestale. Per poterli
definire e soprattutto distribuire correttamente nell'area a parco, si devono
prevedere le seguenti analisi:
- analisi della
possibilità di ricostituzione spontanea, anche in funzione di Fire severity
(intensità x tempo di residenza) e Fire regime (frequenza, intensità,
stagione); - definizione di criteri e modalità di intervento per la
ricostituzione; - definizione di zone prioritarie di intervento; -
definizione degli interventi di ricostituzione da realizzare per ogni tipologia
e per ogni area omogenea in funzione delle serie di vegetazione e delle unità di
paesaggio coerenti con i sistemi e sottosistemi di
paesaggio.
Censimento
catastale delle aree percorse dal fuoco con l'utilizzo di apposito
software
Il piano deve
offrire delle indicazioni omogenee per la realizzazione del catasto delle aree
percorse dal fuoco. Si ritiene che le informazioni oggi già raccolte siano
valide tuttavia sono opportune delle indicazioni di georeferenziazione più
specifiche, in ambiente GIS.
Con riferimento
al più generale tema del rilievo e archiviazione dei dati sugli incendi si deve
sottolineare che nel caso, non infrequente, in cui l'evento abbia interessato
solo focolai di qualche centinaia di metri quadri, fare il sopralluogo,
compilare e registrare una dettagliata scheda di descrizione richiede un impegno
il più delle volte non proporzionato. Una separazione dei fenomeni di una certa
estensione da episodi che sono invece di limitata superficie, permette di avere
meglio sotto controllo la situazione e più direttamente la sensazione di ciò che
realmente accade.
Pertanto si
propone di reintrodurre in sede di rilievo e archiviazione degli eventi il
concetto di principio di incendio, che comprende tutti quegli eventi che
per limitate vastità, diffusibilità, violenza o difficoltà di estinzione sono da
classificare a parte.
In particolare il
principio di incendio per essere tale deve essere caratterizzato da:
- superficie percorsa minore di
1000 m2
- nessun danno
significativo
- impiego di meno di tre persone
per l'estinzione.
Per ogni
principio di incendio dovrebbero essere rilevati esclusivamente la data, il
luogo (sempre secondo un preciso e univoco sistema di coordinate) e la
formazione forestale o classe di uso del suolo coinvolta.
Stima dei
danni
Lo studio delle
interazioni tra copertura forestale e fenomeno incendi ha seguito finora due
filoni separati: analisi degli effetti del fuoco sulle coperture forestali;
previsione del comportamento degli incendi attraverso i modelli di propagazione
e di combustibile. Riferimenti specifici possono essere gerarchicamente dedotti
sia dalla normativa nazionale e regionale sugli incendi boschivi e dai connessi
regolamenti di attuazione, sia, soprattutto, dai principi e dai criteri di
gestione sostenbile codificati nell'ambito del processo paneuropeo di
Helsinki-Lisbona (attualmente MCPFE - Ministerial conference for forest
protection in Europe, la cui prossima sessione sarà nel 2003 a Vienna) sulla
protezione delle foreste. Relativamente abbondante appare inoltre la letteratura
relativa al tema degli indicatori per gli aspetti forestali in generale. Sono in
corso e in avvio indagini che elaborano indicatori, indici e valori di
riferimento applicabili ai sistemi forestali nella valutazione dei danni
ecologici prodotti dagli incendi: le liste sono concepite in modo da fornire un
quadro standard minimale; i riferimenti proposti, frutto di una selezione
accurata su un insieme di informazioni dedotto da ricerche bibliografiche e
dall'esperienza di campo, tengono soprattutto conto di quegli indicatori e
indici che appaiono di più immediato impiego nell'ambito della pianificazione
antincendio. Gli indicatori vengono modulati per categorie di danno in funzione
delle alterazioni causate dal passaggio del fuoco su: efficienza bioecologica
dei popolamenti (effetti su suolo, fauna, atmosfera, dinamica
floristico-strutturale e vegetazionale); assetto ecopaesistico; possibilità di
opzione nella gestione colturale.
Una corretta
analisi economica dell'effetto degli incendi boschivi può basarsi sull'ipotetico
confronto tra il flusso dei costi e benefici nella situazione con e senza
incendi. In tale ipotetico confronto vanno considerati non solamente gli aspetti
di mercato (perdita diretta di legname e di prodotti non legnosi) ma anche i
danni indiretti, comprendenti i prodotti e servizi "senza prezzo", quali
l'offerta di aree ricreative, la tutela idrogeologica, la stabilizzazione
climatica, ecc. Questi mancati benefici costituiscono infatti una parte
consistente dei costi sociali derivanti dagli incendi.
L'obiettivo
possibile di metodologie di stima dei danni non è quello di proporre una
valutazione finanziaria in termini assoluti, bosco per bosco, del danno da
incendio, quanto la definizione di una gerarchia tra aree boscate da proteggere,
ovvero l'individuazione dei criteri di priorità nella programmazione degli
interventi di prevenzione.
La procedura qui
riassunta, facilmente automatizzabile avendo a disposizione un sistema
informativo territoriale adeguatamente configurato, è basata su una preventiva
identificazione di unità territoriali (UP) omogenee riguardo al loro potenziale
pirologico e al successivo impiego di un numero limitato di variabili
esplicative rilevate in ogni UP (superficie forestale, masse legnose mediamente
presenti per ettaro, età media, ecc.). La valutazione economica del rischio
d'incendio è basata sulla stima del "valore economico atteso" (Vatt) per ogni UP
in un determinato territorio regionale. Vatt viene calcolato in funzione della
probabilità (p) che, nell'UP considerata, si verifichi annualmente un incendio e
di una misura assoluta del valore economico (V) dell'UP:
Vatt =
V*(1?p)
La
classificazione delle UP in relazione alla necessità di realizzare interventi di
prevenzione degli incendi va ovviamente effettuata in funzione sia del valore
per unità di superficie delle risorse da tutelare, sia della probabilità che
vengano distrutte dal fuoco, cioè facendo riferimento al rischio economico
d'incendio (R) valutato come percentuale (ovvero probabilità empirica) del
valore unitario dell'area:
R =
V*p
Sulla base dei
valori assunti da R per ogni UP, il territorio interessato all'applicazione
della metodologia può essere suddiviso in classi che rappresentano aree a
diverso livello di rischio economico e, quindi, aree per le quali possono essere
programmati differenti tipi di interventi di prevenzione degli incendi.
Nell'individuazione delle diverse classi di rischio possono poi essere adottati
valori soglia di rischio massimo associati a bassi valori di V e di rischio
minimo che giustificano la designazione dell'UP nella categoria del minor
rischio economico. All'opposto, nelle zone dove viene segnalata la presenza di
emergenze di grande valore ambientale si può procedere, indipendentemente dai
risultati delle stime, a una assegnazione automatica dell'UP alla classe di
maggiore rischio economico.
L'elemento più
problematico della procedura proposta è costituito dalla stima di V, cioè del
valore economico dell'UP. Per tale stima ci si può riferire al criterio della
capitalizzazione, in base al quale il valore di un bene è calcolato in funzione
dei prodotti e servizi che tale bene è in grado di erogare (B). I servizi
significativi (o funzioni) considerati sono quattro:
- l'eventuale
produzione di legname, Ble; - il servizio collegato all'eventuale offerta di
aree ricreative, Bric; - il servizio collegato all'eventuale funzione di
tutela idrogeologica, Bidr; - il servizio di stabilizzazione climatica,
Bcl.
Una volta stimati
i valori dei servizi annualmente forniti in ogni singola area omogenea, il
valore V viene valutato in base alla formula di capitalizzazione di redditi
annuali costanti e illimitati:
V =
SBj/r
dove: r = saggio
di capitalizzazione assunto. |