Sus scrofa Linnaeus, 1758 : Cinghiale
- Superordine: Ungulati (Ungulata)
- Ordine: Artiodattili (Artiodactyla)
- Sottordine: Suiformi (Suiformes)
- Famiglia: Suidi (Suidae)
- Sottofamiglia: Suini (Suinae)
- Nome italiano :
Cinghiale
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Sistema ed identificazione
Il Genere Sus comprende le forme
di Suiformi più generaliste, caratterizzate
da dentatura bunodonte ed arti e
tratto digestivo meno specializzati. Secondo
la revisione sistematica più recente
il genere comprende sette specie,
di cui Sus scrofa è quella a più ampia
distribuzione.
Ancora incerta e non completamente
chiara risulta la sistematica a livello sottospecifico,
ulteriormente complicata da
due ordini di fattori legati alle attività
umane: l’ibridazione delle popolazioni
selvatiche con i conspecifici domestici e
l’incrocio con forme evolutesi in aree
geografiche differenti ed introdotte dall’uomo
in zone estranee al loro areale
originario. È stato verificato, in ambito
europeo, un cline nella dimensione media
dei soggetti delle diverse popolazioni
lungo un gradiente geografico da nordest
a sud-ovest, spiegabile soprattutto in
base alle diverse condizioni ecologiche.
Le incertezze sul reale significato sistematico
delle 16 sottospecie general-
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mente riconosciute fanno sì che attualmente
ci si limiti ad individuare quattro
informali raggruppamenti geografici regionali
(razze occidentali, comprendenti
le sottospecie europee, razze indiane,
orientali e indonesiane), nei quali vengono
inserite le varie sottospecie al fine
di distinguerne determinate caratteristiche
morfologiche.
Origine delle popolazioni italiane
Dicoryphochoerus, il progenitore del
Genere Sus, era presente nel tardo Pliocene,
mentre Sus apparve in Europa durante
il Pleistocene inferiore con la specie
Sus minori.
La forma autoctona delle regioni settentrionali
italiane scomparve prima che
potesse essere caratterizzata dal punto di
vista sistematico, mentre carenti risultano
le informazioni disponibili sull’origine
di Sus scrofa meridionalis Forsyth
Major, 1882 e Sus scrofa majori de
Beaux et Festa, 1927, formalmente presenti
rispettivamente in Sardegna e Maremma.
Recenti studi basati sull’analisi
craniometrica ed elettroforetica hanno
messo in luce come la popolazione maremmana
non sia sostanzialmente diversa
dalle altre presenti nella restante parte
della penisola (Sus scrofa scrofa Linnaeus,
1758), ma debba essere considerata
un ecotipo adattato fenotipicamente
all’ambiente mediterraneo, mentre la
sottospecie presente in Sardegna se ne
differenzi, sia morfologicamente che geneticamente,
facendo ipotizzare una sua
origine da suini domestici anticamente
inselvatichiti.
Geonemia
Il Cinghiale rappresenta la specie selvatica
da cui si sono originate, per domesticazione
e selezione artificiale, gran
parte delle razze di maiali domestici e
delle popolazioni di maiali inselvatichiti.
L’areale originario, uno dei più vasti
tra quelli che caratterizzano gli Ungulati
selvatici, copre gran parte del continente
Euroasiatico e la porzione settentrionale
dell’Africa; se vengono considerate
anche le forme domestiche e inselvatichite,
introdotte in vaste aree del continente
americano e in alcune isole del
Pacifico, questa specie rappresenta uno
dei mammiferi a più estesa distribuzione
geografica.
In Italia la specie è distribuita, senza
soluzione di continuità, dalla Valle
d’Aosta sino alla Calabria, in Sardegna,
in Sicilia, Elba ed alcune piccole isole
come frutto di immissioni assai recenti
e, con modalità più frammentarie e discontinue,
in alcune zone prealpine e
dell’orizzonte montano di Lombardia,
Veneto, Trentino e Friuli.
Distribuzione Ecologica
In Italia il Cinghiale occupa una vasta
varietà di habitat, dalle aree intensamente antropizzate dei primi rilievi collinari
agli orizzonti schiettamente montani.
La sua distribuzione geografica
sembra limitata solo dalla presenza di
inverni molto rigidi, caratterizzati da un
elevato numero di giorni con forte innevamento
o da situazioni colturali estreme
con totale assenza di zone boscate,
anche di limitata estensione, indispensabili
come zone di rifugio. L’optimum
ecologico sembra rappresentato dai boschi
decidui dominati dal Genere Quercus
alternati a cespuglieti e prati-pascoli.
Problemi di conservazione
Attualmente il Cinghiale è abbondante
e mostra un’evidente tendenza all’incremento
numerico e all’espansione
dell’areale. Se da un lato la gestione venatoria
tende a massimizzare le presenze
della specie sul territorio ed è responsabile
di operazioni di immissione criticabili
sotto il profilo tecnico e biologico,
l’impatto che il Cinghiale è in grado di
esercitare sulle attività agricole e sulle fitocenosi
forestali impone la necessità di
controllare la densità delle sue popolazioni
per mantenerla entro livelli economicamente
accettabili.
Le immissioni aumentano il rischio
di introduzione di alcune malattie,
quali la tubercolosi e, soprattutto, la
peste suina, in grado di creare rischi sanitari
per la successiva diffusione degli
agenti patogeni sia a carico delle popolazioni
selvatiche di Cinghiale, con rilevanti
episodi di mortalità, che di maiale
domestico.
L’attuale mancanza di criteri di gestione
venatoria razionali ed omogenei
rende difficoltosa l’organizzazione di un
controllo programmato della specie. La
forma di caccia attualmente più utilizzata,
la braccata collettiva con i cani da seguito,
crea spesso una destrutturazione
delle popolazioni, caratterizzate da età
medie inferiori alla norma e da elevate
percentuali di individui giovani, responsabili
di un sensibile aumento dei danni
alle colture. Essa inoltre arreca un elevato
disturbo ad altri elementi della fauna
selvatica, in particolare ai Cervidi. In alcune
situazioni locali un’eccessiva presenza
del Suide può essere determinante
nel provocare una contrazione numerica
delle popolazioni di Gallo forcello (Tetrao
tetrix), Fagiano (Phasianus colchicus)
e Pernice rossa (Alectoris rufa) per predazione
delle uova.
La presenza della specie nei territori
maggiormente interessati dalle produzioni
agricole crea un forte impatto sulle
coltivazioni per prelievi diretti a fini alimentari
di numerose essenze e per il
danneggiamento dovuto all’attività di
scavo. Tale fenomeno raggiunge spesso
dimensioni considerevoli; sino all’80%
dei fondi a disposizione delle Amministrazioni
provinciali per far fronte all’impatto
causato dalla fauna selvatica
sulle attività antropiche di interesse economico
vengono infatti annualmente
destinati per il risarcimento dei danni
causati dal Cinghiale.
Status
In tempi storici il Cinghiale era presente
in gran parte del territorio italiano.
A partire dalla fine del 1500 la sua
distribuzione andò progressivamente rarefacendosi
a causa della persecuzione
diretta cui venne sottoposto da parte
dell’uomo. Estinzioni locali successive si
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registrarono in Trentino (XVII secolo),
Friuli e Romagna (XIX secolo) e Liguria
(1814); il picco negativo venne raggiunto
negli anni immediatamente successivi
alla seconda guerra mondiale quando
scomparvero le ultime popolazioni viventi
sul versante adriatico della penisola.
A partire dalla fine degli anni ’60 è
seguita una nuova crescita delle popolazioni
con un ampliamento dell’areale
cui hanno concorso alcuni dei fattori responsabili
dell’esplosione demografica
del Cinghiale anche nel resto d’Europa.
Il recupero del bosco in zone precedentemente
utilizzate per l’agricoltura e la
pastorizia, il progressivo spopolamento
di vaste aree di media montagna, sia a
livello alpino che, soprattutto, appenninico
e la conseguente diminuzione della
persecuzione diretta hanno contribuito
in buona misura a determinare questo
fenomeno. Non meno importante si è
rivelata, a partire dagli anni ’50, la massiccia
introduzione di cinghiali, inizialmente
di soggetti catturati all’estero e,
successivamente, di animali prodotti in
allevamenti che si sono andati progressivamente
sviluppando in diverse regioni
italiane. Ciò ha creato problemi di incrocio
tra sottospecie differenti ed ibridazione
con le forme domestiche, che
hanno determinato l’attuale virtuale
scomparsa dalla quasi totalità del territorio
della forma autoctona peninsulare.
Il quadro relativo alle conoscenze circa
le densità e l’evoluzione delle diverse
popolazioni italiane rimane tuttora alquanto
carente. Secondo una stima
orientativa e largamente approssimata
sul territorio nazionale sarebbero presenti
non meno di 500.000 capi.
Sulla base dei pochi studi sinora realizzati,
nei territori sottoposti a prelievo
venatorio la densità del Cinghiale raramente
supera i 3-5 capi/100 ha, anche
se concentrazioni maggiori sono riportate
in alcune aree (nella tenuta presidenziale
di Castelporziano, densità che
oscillano tra i 9 e i 39 capi/100 ha).
N. 14 - Mammiferi d'Italia
LUCA PEDROTTI, SILVANO TOSO
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