Si è visto come vi siano dei comportamenti che fanno parte del cosiddetto
“bagaglio genetico” di una specie e che indipendentemente dall’esperienza
individuale permettono di compiere delle funzioni che sono utili all’individuo o
alla specie. Vi sono anche altri tipi di risposte che compaiono se l’individuo
viene a contatto con alcuni stimoli o fattori ambientali in un determinato
periodo della propria esistenza.
L’imprinting è un esempio di questo tipo di
risposta che è di fondamentale importanza negli uccelli ma che esiste anche in
alcune specie di mammiferi (cavie, cervi, agnelli). Se si osservano degli
anatroccoli poche ore dopo la schiusa delle uova si osserva che essi seguono
fedelmente la loro madre. Fu proprio Lorenz, come già accennato, a dimostrare
come questa tendenza a seguire la madre sia un comportamento che viene appreso
in un breve spazio di ore dopo la nascita e come esso non sia specifico: gli
anatroccoli possono infatti considerare come loro madre una scatola di cartone,
un animale o anche un uomo purchè essi siano stati esposti all’oggetto o alla
persona in questione nel periodo critico che va dalla nascita a poco meno di 24
ore dopo. In pratica è sufficiente che una sagoma che rappresenta un’anatra
venga fatta muovere davanti a dei giovani anatroccoli perché questi prendano a
seguirla superando ostacoli anche difficili e pigolando intensamente; è anche
possibile sostituire la sagoma che rappresenta un’anatra con un uomo. Lorenz
dimostrò che era sufficiente attendere la schiusa delle uova covate da
un’incubatrice perché i piccoli lo seguissero quando egli si muoveva adottandolo
come madre. Quando poi gli anatroccoli raggiungevano la maturità sessuale essi
compivano nei suoi riguardi delle avances sessuali dimostrando di averlo
identificato come un membro della propria specie e di farlo oggetto di
corteggiamenti e di “desideri” sessuali. Questa forma di legame filiale che
condiziona da adulto la vita dell’animale viene definita come impronta, un
processo che viene considerato come un particolare tipo di apprendimento che si
verifica solo in un periodo critico, che non è riversabile una volta
verificatosi, e che è tanto più tenace quanto maggiori sono stati gli sforzi che
l’animale ha dovuto compiere per seguire l’oggetto.
L’impronta non riguarda soltanto delle risposte che implichino il seguire la
madre o un oggetto; nel cane vi è un periodo critico per ciò che riguarda
l’impronta alla socializzazione: se i piccoli vengono isolati nel secondo mese
di vita e non hanno contatti con i loro simili o con l’uomo, essi diverranno
aggressivi e non saranno capaci di stabilire legami sociali. In particolare
proprio nel campo dell’aggressività è stato dimostrato come le esperienze
precoci possano modificare sostanzialmente il comportamento dell’individuo verso
l’aggressività o la placidità. In generale l’impronta è un processo utile alla
specie in quanto determina (in condizioni naturali) l’attaccamento alla madre o
tra i membri del branco.
Il brano che segue di K. Lorenz descrive in modo piacevole l’imprinting:
“Era giunto il grande momento: per ventinove giorni avevo covato le mie venti
preziose uova di oca selvatica; o meglio io stesso le avevo covate solo negli
ultimi due giorni, affidandole per quelli precedenti ad una grossa oca domestica
bianca e un altrettanto grossa e bianca tacchina….Solo negli ultimi due giorni
io avevo tolto alla tacchina le dieci uova biancastre, ponendole nella mia
incubatrice….E ora il momento fatidico era arrivato…La mia prima ochetta
selvatica era dunque venuta al mondo, e io attendevo che divenisse abbastanza
robusta per poter ergere il capo e muovere alcuni passetti. La testina
inclinata, essa mi guardava con i suoi grossi occhi scuri…A lungo, molto a
lungo, mi fissò l’ochetta e quando io feci un movimento e pronunciai una
parolina, quel minuscolo essere improvvisamente allentò la tensione e mi salutò…
E io non sapevo ancora quali gravosi doveri mi ero assunto per il fatto di aver
subito l’ispezione del suo occhietto scuro e di aver provocato con una parola
imprevidente la prima cerimonia del saluto. La mia intenzione era infatti di
affidare, una volta che fosssero usciti dall’uovo, anche i piccoli covati dalla
tacchina alla summenzionata oca domestica…Portai l’uccellino in giardino, dove
la grassa biancona se ne stava nella cuccia del cane… infilai la mano sotto il
ventre tiepido e morbido della vecchia e vi sistemai per bene la piccina,
convinto di aver assolto il mio compito. E invece mi restava ancora molto da
imparare. Trascorsero pochi minuti, durante i quali meditavo soddisfatto davanti
al nido dell’oca, quando risuonò da sotto la biancona un flebile pigolio
interrogativo. In tono pratico e tranquillizzante la vecchia oca rispose. Ma
invece di tranquillizzarsi come avrebbe fatto ogni ochetta ragionevole, la mia
rapidamente sbucò fuori da sotto le piume, guardò con un solo occhio verso il
viso della madre adottiva e poi si allontanò singhiozzando…. Allora io feci un
lieve movimento e subito il pianto si placò: la piccola mi venne incontro col
collo proteso, salutandomi….Sospirando mi presi la piccola e la portai in
casa…fu solennemente battezzata col nome Martina[1]”.
[1] Lorenz, L’anello di re
Salomone, Adelphi 1967
[2] Lorenz, L’anello di re Salomone, Adelphi 1967