Il comportamento aggressivo è fra quelli che hanno attratto maggiormente
l'attenzione degli etologi. Nel 1963 K. Lorenz pubblica Das
sogenannte Böse. Zur Naturgeschichte der Aggression. Quest'opera ebbe
grande fortuna ed ancora oggi è considerata di grande interesse sia per la sua
attenta descrizione che per le considerazioni espresse con un linguaggio
semplice e comprensibile anche per i non specialisti.
L'aggressività, letta in chiave etologica, è un istinto che esige una scarica
periodica; questo è proprio il punto di contatto con la teoria freudiana che
interpreta l'aggressività attraverso un modello idraulico.
Il cambiamento e la selezione sono per Lorenz i fattori che determinano
l'evoluzione ed hanno grande importanza nell'organizzare modelli di
comportamento che sono funzionali alla specie.
L'istinto aggressivo o combattivo per esempio ha la specifica funzione di
garantire la sopravvivenza dell'individuo e della specie.
Lorenz, e gli etologi in genere, sono soliti distinguere l'aggressività rivolta
verso individui di specie diversa (rivolta, ad esempio, verso la preda) da
quella che si estrinseca nei confronti degli individui della stessa specie
(aggressività intra-specifica). Infatti, dal punto di vista della fisiologia del
comportamento, la prima è fondamentalmente diversa dalla seconda, in quanto le
motivazioni dell'animale che combatte sono del tutto dissimili da quello che
caccia. Infatti Lorenz afferma che un cane che avvista una lepre e tenta di
acciuffarla mostra esattamente la stessa espressione, fra l'ansioso ed il
felice, di quando saluta il suo padrone. Quindi il comportamento aggressivo vero
e proprio è solamente quello intra-specifico ed all'origine è, per Lorenz, un
impulso biologicamente adattivo, innato e spontaneo che ha una funzione di
grande importanza: la conservazione della specie.
Dunque l'aggressività così intesa non è negativa per il mondo animale, ma è uno
strumento di organizzazione degli esseri viventi che permette la conservazione
della vita, anche se può capitare che a volte rechi distruzione al sistema.
Riferendosi all'espressione di Darwin "la lotta per l'esistenza" Lorenz sostiene
che "in realtà la lotta alla quale alludeva Darwin, e che fa progredire
l'evoluzione, è in prima linea la concorrenza fra parenti prossimi (lotta
intra-specifica)[1] ".
Anche se il vero tema del libro di Lorenz è l'aggressività intra-specifica, egli
riferisce anche di casi in cui la lotta è di tipo inter-specifico, sottolineando
come in tutti i conflitti di questo tipo la funzione di conservazione della
specie è molto più evidente che in quelli intra-specifici.
Egli distingue tre casi di aggressività interspecifica: il comportamento
aggressivo del predatore verso la preda, la reazione aggressiva della preda
verso il predatore, la "reazione critica" di colui che, attaccato da un nemico
più forte, non vedendo altra soluzione, reagisce con la forza della disperazione
attaccando l'aggressore.
Ma Lorenz sostiene che vi è un equilibrio naturale interspecifico che viene
conservato, equilibrio che invece risulta disturbato nell'uomo.
Dunque, secondo l'analisi di Lorenz, non è il nemico predatore a minacciare
direttamente l'esistenza di una specie animale, ma il concorrente. Questa
tendenza istintiva verso un comportamento aggressivo è essenziale per
l'individuo come per la specie, infatti svolge alcune funzioni fondamentali. La
distribuzione degli esseri viventi della stessa specie nello spazio vitale
disponibile è utile e necessaria al fine di evitare i pericoli della
sovrappopolazione. Scrive Lorenz:
"questa aggressività territoriale, un meccanismo molto semplice dal punto di
vista della fisiologia del comportamento, assolve in maniera assolutamente
ideale il compito di distribuire animali di una stessa specie con giustizia
rispetto a tutto l'insieme di quella specie, per tutta l'area disponibile. Anche
il più debole, sia pure in uno spazio più ristretto, può esistere e riprodursi[2]".
Dunque gran parte degli impulsi aggressivi viene utilizzata per la conservazione
del territorio nel quale l'animale compie le più importanti attività biologiche,
fra cui, appunto, quella della riproduzione e della nidificazione.
All'inizio della stagione della riproduzione, l'animale maschio sceglie
generalmente un suo territorio: quando un altro maschio si avvicina ai confini
di esso, viene minacciato e, se non fugge, viene decisamente attaccato.
Il confine del territorio viene segnato con metodi diversi a seconda della
specie. Molti uccelli, ad esempio, usano il metodo acustico, cioè i maschi
cantando avvertono gli altri individui che quel territorio è occupato. Questo
segnale ha la duplice funzione di allontanare i maschi e di attirare le femmine,
di modo che il territorio da individuale diventa familiare.
Alcuni mammiferi (topo, cane, ecc.) segnano il territorio con l'odore della loro
urina, altri (giaguaro) incidono la corteccia degli alberi, altri ancora (alcune
antilopi) depongono sui cespugli, sulle rocce o per terra una secrezione di
alcune ghiandole situate intorno all'orbita.
Quando l'animale varca i confini del suo territorio prova un sentimento di
insicurezza, diventa irrequieto, mostra paura, mentre quando si trova nel suo
territorio è più coraggioso ed aggressivo e mette in fuga intrusi persino più
forti di lui.
Un'altra funzione dell'istinto aggressivo è quella della selezione attraverso il
combattimento tra rivali.
Si tratta di una selezione sessuale degli individui più forti, che ha lo scopo
di eliminare gli elementi meno dotati per migliorare il livello della qualità
della specie ed è anche strettamente connessa alla difesa della discendenza.
"Già Charles Darwin aveva giustamente riconosciuto
che la selezione sessuale, la salvezza dei più forti e migliori animali per la
riproduzione, si realizza sostanzialmente attraverso i combattimenti degli
animali rivaleggianti, soprattutto dei maschi. La forza del padre offre
naturalmente un'immediata garanzia per la buona riuscita della prole di quelle
specie in cui egli partecipa attivamente alla cura dei piccoli e soprattutto
alla loro protezione[3]".
L'aggressività interviene anche nel regolare e
dirigere il comportamento dell'individuo nella società in cui vive, attraverso
un principio ordinatore che permette una normale convivenza. Questo principio è
definito da Lorenz "principio gerarchico" e rappresenta la coscienza di ognuno
di quelle che sono le proprie possibilità di difesa e quindi di vita. E' normale
che in ogni gruppo i singoli tendano a collocarsi in una gerarchia per cui
"ognuno degli individui viventi nella comunità sa quale degli altri è più forte
o più debole di lui, in modo che ognuno si possa tirare indietro senza lottare
davanti al più forte, e possa a sua volta pretendere che il più debole di lui si
ritiri senza lottare ogni volta che si incontrino[4]".
E' evidente che mediante questo principio gerarchico molte occasioni di lotta,
per esempio per il possesso del cibo, tra due individui dello stesso gruppo,
vengono notevolmente limitate per via "naturale". Ci sono poi aspetti molto
curiosi e singolari che attendono sempre al principio gerarchico. Lorenz ha
osservato che se, in un gruppo di cornacchie, una femmina di "basso rango
sociale" si accoppia con un maschio di più alta condizione, automaticamente
aumenta la sua considerazione presso gli altri componenti del gruppo.
Indipendentemente dalla funzione che svolge, l'aggressività per Lorenz è un
istinto ineliminabile e quindi non può essere soppresso, ma può essere reso meno
dannoso attraverso dei processi di ri-direzione. Infatti scrive:
"La ri-direzione dell'attacco è l'espediente più
geniale che l'evoluzione abbia inventato per costringere l'aggressività su
binari innocui.[5]".
Per definire tale meccanismo Lorenz si serve del
termine ritualizzazione, intendendo che certi comportamenti perdono nel corso
della filogenesi la loro originale funzione per diventare pure cerimonie
simboliche, puri movimenti rituali. Sono comportamenti "stereotipati e
convenzionalizzati" di sottomissione e di pacificazione che provocano
nell'aggressore (compagno di specie) l'inibizione della spinta aggressiva. Il
rito ha quindi la funzione di opporsi all'aggressività, di dirottarla verso
canali innocui e frenarne i suoi esiti dannosi alla conservazione della specie.
Questo primitivo meccanismo inibitore costituisce una prima forma di
comunicazione e genera un "vincolo personale", in quanto gli animali, che sono
per natura aggressivi, hanno avuto la necessità di collaborare per difendere il
territorio e la prole dunque per conservare la specie. La comunicazione che
nasce dalla ritualizzazione e che serve a inibire l'aggressività, favorisce la
comprensione reciproca. Scrive Lorenz:
"Un vincolo personale, un'amicizia individuale si
trovano soltanto negli animali con un'aggressività intra-specifica altamente
sviluppata, anzi questo vincolo è tanto più saldo quanto più aggressiva è la
rispettiva specie animale.[6]"
Lorenz riporta l'esempio del corteggiamento dei
ciclidi, pesci ossei di acqua dolce, osservando come le femmine assumono
comportamenti innescanti il combattimento nei maschi eccitati, i quali lo
attuano contro un altro compagno di specie che si trova nelle vicinanze. Questo
è anche ciò che succede ad un uomo esasperato che pesta il pugno sul tavolo
piuttosto che in viso a colui che lo ha fatto arrabbiare, proprio perché la
rabbia pretende una via d'uscita nonostante certi meccanismi d'inibizione.
Ai fini della tesi di Lorenz assumono grande importanza moti di pacificazione
ri-diretti che deviano l'aggressione da certi individui ad altri e comunicano
all'avversario la propria disposizione pacifica, ad esempio attraverso il riso.
In questo modo per Lorenz si pongono le basi per rapporti esclusivi e costanti
paragonati all'amicizia ed all'amore. "Il vincolo personale, l'amore, s'è
formato senza dubbio in molti casi da aggressività intra-specifica, in diversi
casi noti attraverso ritualizzazioni di un attacco o di una minaccia ri-diretti.
Dato che i riti così formatisi sono legati alla persona del compagno e dato che
poi in qualità di azioni istintive indipendenti diventando un bisogno, essi
rendono anche la presenza del compagno un bisogno insopprimibile e il compagno
stesso l'animale con la valenza di casa."
Anche gli atteggiamenti di sottomissione sono importanti al fine di frenare
l'aggressione; essi sono costituiti da quei moduli comportamentali mediante i
quali un individuo riconosce la superiorità del nemico e cessa il combattimento
mostrandogli, a volte, un punto vitale del proprio corpo. Il lupo per esempio
offre all'avversario che gli è superiore il lato marcato estremamente
vulnerabile del suo collo, così come il cane sembra implorare il nemico per
ottenere la grazia offrendogli le sue vene giugulari.
Scrive Lorenz in L'anello di Re Salomone:
"C'è proprio qualcosa da imparare anche per noi
uomini! Io per lo meno ne ho tratto una nuova e più profonda comprensione di un
meraviglioso detto del Vangelo che spesso viene frainteso e che finora aveva
suscitato in me solo una forte resistenza istintiva: <<se qualcuno ti dà uno
schiaffo sulla guancia destra .. >>. L'illuminazione mi è venuta da un lupo: non
per ricevere un altro schiaffo, devi offrire al nemico l'altra guancia, no, devi
offrirgliela proprio per impedirgli di dartelo.[7]"
E' significativo osservare come i freni che bloccano l'aggressività degli
animali nei confronti dei soggetti appartenenti alla stessa specie, sono
maggiormente sviluppati nei predatori i quali sono provvisti di armi potenti.
E sono proprio gli animali dotati di una forte aggressività intraspecifica
quelli che maggiormente sviluppano i vincoli personali che si possono definire
di amicizia e di amore. Per Lorenz l'aggressività sarebbe filogeneticamente più
antica dell'amore:
"L'aggressività intra-specifica è di milioni d'anni più vecchia
dell'amicizia personale e dell'amore [...]. Si dà quindi benissimo
l'aggressività intra-specifica senza il suo antagonista, l'amore, ma viceversa
non c'è amore senza aggressività.[8]"
Per tutti questi motivi Lorenz sembra convinto che nel mondo animale non esista
un reale pericolo che una specie si estingua a causa dell'aggressività.
Nell'uomo invece questo pericolo è assai presente; infatti Lorenz sostiene che
nel caso del genere umano il ritmo dello sviluppo naturale ha creato condizioni
alle quali l'uomo non è filogeneticamente preparato. Nella specie umana mancano
infatti molti dei meccanismi autoinibitori dell'aggressività presenti nelle
specie non umane. Il comportamento aggressivo diventa fine a se stesso, perde il
suo carattere di conservazione della specie e si trasforma in cieca
distruttività intraspecifica. Lorenz individua alcune cause dello squilibrio fra
l'enorme potenzialità offensiva e i meccanismi istintivi di inibizione,
squilibrio che rappresenta uno spaventoso pericolo per l'umanità. Accanto alla
difficoltà di adattarsi alla vita moderna, con i suoi ritmi frenetici e i suoi
sforzi ridotti e i conseguenti squilibri nella convivenza sociale, Lorenz
individua nella sempre maggior disponibilità di armi e nel particolare tipo di
queste un possibile incentivo alla distruttività. Infatti l'uso delle moderne
armi comandate a distanza esclude il contatto diretto con l'aggredito e questo
ne aumenta la pericolosità. "L'uomo che preme il pulsante d'innesco è così
totalmente schermato dal vedere, sentire o altrimenti realizzare emozionalmente
le conseguenze della sua azione che la può compiere con impunità, anche se è
afflitto del peso di una buona immaginazione. Soltanto così si può spiegare come
un buon uomo, che non riuscirebbe quasi a dare uno scapaccione ben meritato a un
bambino discolo, si ritrovi senz'altro il coraggio di lanciare missili o di
stendere tappeti di bombe incendiarie su città addormentate, condannando così ad
una terribile morte fra le fiamme centinaia e migliaia di amabili bambini.[9]"
Anche per S. Bonino - G. Saglione (1978) è necessario chiedersi per quali
ragioni nella specie umana la ritualizzazione dell'aggressività sia così
difficoltosa. Infatti scrivono: "La ragione basilare per cui il comportamento
dell'uomo è scarsamente ritualizzato è a nostro parere da ricercarsi nella
plasticità tipica dell'uomo. Rispetto agli animali l'uomo non viene alla luce
con un corredo di reazioni rigide e stereotipate, programmate e poco variabili.
L'uomo è invece, come più volte abbiamo già notato, scarsamente dotato sul piano
istintuale; anche i comportamenti filogeneticamente determinati sono nell'uomo
più plastici e maggiormente legati alle influenze ambientali e dell'ontogenesi.
Questa plasticità è alla base del prodigioso sviluppo e della stupefacente
complessità del comportamento umano, capace di far fronte alle situazioni più
nuove e insospettate. [...] La rigida determinazione del comportamento è
inversamente proporzionale all'evoluzione filogenetica. Una reazione rigidamente
stereotipata e preordinata è alla base di un equilibrio labile, che non è in
grado di tener conto delle variazioni di una situazione e di adattarvisi
plasticamente.[10]"
Dunque per l'uomo, forse assai di più che per l'animale, è illusorio sperare che
il rimedio all'aggressività consista nel tenersi lontano dalle situazioni che la
innescano. L'aggressività esplode anche in mancanza di condizioni ambientali
scatenanti; infatti l'individuo inquieto che sente aumentare in sé la rabbia, è
disposto a cercare, persino ad immaginare, le più piccole occasioni atte ad
innescarle (comportamento appetitivo).
Allora l'unica soluzione appare quella di incanalare l'aggressività,
ri-dirigendola verso forme di scarica periodica come ad esempio le competizioni
sportive, l'entusiasmo per la scienza e per le arti. Si tratta, per Lorenz, di
una vera e propria catarsi, di una ritualizzazione che ha come scopo quello di
impedire gli effetti dell'aggressione socialmente dannosa e mantenere invece
invariate le funzioni per la conservazione della specie umana.
Per fare ciò è necessario che l'uomo si appelli alle sue facoltà razionali in
modo da educarsi ad un controllo cosciente e responsabile della sua istintiva
pulsione alla lotta.
Lorenz conclude la sua opera con una grande dichiarazione di speranza: speranza
nella selezione naturale e speranza nella razionalità umana. Scrive: "Sappiamo
che nell'evoluzione dei vertebrati il vincolo dell'amore personale e
dell'amicizia fu un'invenzione che fece epoca, creata da due grandi costruttori
quando divenne necessario per due o più individui d'una specie aggressiva vivere
pacificamente insieme e cooperare ad un fine comune. Sappiamo che la società
umana si è costituita sulle fondamenta di questo vincolo, ma dobbiamo accettare
il fatto che il vincolo è diventato troppo limitato per comprendere tutto quanto
dovrebbe: blocca l'aggressione soltanto fra quanti si conoscono fra loro e sono
amici mentre si tratta di bloccare le ostilità tra gli uomini di tutte le
nazioni e di tutte le ideologie. L'ovvia conclusione è che l'amore e l'amicizia
dovrebbero abbracciare tutta l'umanità, che tutti noi dovremmo
indiscriminatamente amare tutti i nostri fratelli umani. Questo non è un
comandamento nuovo. (…) Credo nel potere della ragione umana, come credo nel
potere della selezione naturale. Credo che la ragione può e vorrà esercitare una
pressione selettiva nella direzione giusta. Credo che in un futuro non troppo
lontano questo doterà i nostri discendenti della facoltà di adempiere il più
grande e il più bello di tutti i comandamenti[11]”.
E' certamente lecito il dubbio di chi può ritenere utopistiche e prive di
indicazioni concrete per quanto concerne l'attuazione di strategie articolate di
prevenzione dell'aggressività, come anche può essere condivisibile la critica di
chi ravvisa caratteristiche di pregiudizialità nell'affermazione dei presupposti
innatistici dell'aggressività stessa.
Tuttavia Lorenz "come del resto tutta la corrente etologica, ha il merito di
aver chiarito che l'aggressività non dipende solo dall'ambiente e che essa non
ha carattere distruttivo dal punto di vista biologico e negativo dal punto di
vista morale. E' un fatto innegabile che l'aggressività svolge un ruolo
importante nello spingere l'uomo a raggiungere sempre nuovi traguardi.[12]"
Una critica dettagliata alle teorie di Lorenz viene formulata da E. Fromm (1973)
che non perde l'occasione per sottolineare come l'esasperato darwinismo di
Lorenz abbia viziato l'analisi che egli ha condotto sull'aggressività: "Il
Darwinismo sociale e morale predicato da Lorenz è un romantico paganesimo
nazionalista che tende ad osservare la vera comprensione dei fattori biologici,
psicologici e sociali determinanti per l'aggressione umana.[13]"
Attraverso un confronto con la tesi freudiana espressa in Perché la guerra?
(1933) Fromm individua un'analogia fra i due autori istintivisti: nessuno dei
due è soddisfatto della conclusione a cui è giunto e cioè che la guerra è
inestirpabile perché risultato di un istinto. Ma Fromm si mostra molto polemico
nei confronti del discorso sviluppato da Lorenz che egli considera poco
originale in quanto i suggerimenti che l'etologo fornisce "non si spingevano
oltre il cliché abusato dei semplici precetti (…) [14]"
senza dare indicazioni valide sul come fare per evitare la guerra e l'ostilità
fra le persone.
Fromm dedica tutta la parte seconda del suo libro alle prove contro le tesi
istintiviste avvalendosi di studi di neurofisiologia, psicologia animale,
paleontologia e antropologia che non confermano l'ipotesi secondo la quale
l'uomo è dotato di una pulsione aggressiva innata.
[1]Konrad Lorenz Il cosiddetto male, pag. 59
[2] Ibidem, pag. 75
[3] Ibidem, pag. 76
[4] Ibidem, pag. 82
[5] Ibidem, paq. 103
[6] Ibidem, pag. 285
[7] K. LORENZ, L'anello di Re Salomone, trad. it. di L. Scwarz, Adelphi, Milano. 1967. pagg. 173-174.
[8] K. LORENZ,Il cosiddetto male op. cit., pag. 285
[9] Ibidem, pagg. 315-316
[10] BONINO - SAGLIONE, op. cit.,, pagg. 87-88
[11] K. LORENZ,Il cosiddetto male, op. cit., pag. 375
[12] BONINO - SAGLIONE, op. cit., pag. 33
[13] E. FROMM, Anatomia della distruttività umana, op. cit., pag. 55
[14] Ibidem, pag. 50