Risulta chiaro che spetta a
Konrad Zacharias Lorenz la paternità dell’attuale disciplina scientifica del
comportamento comparato degli animali. Il particolare talento di questo gigante
del Novecento è la comprensione intuitiva dei rapporti.
Lorenz ha sempre
sottolineato il valore dell’intuizione (un’operazione della percezione della
forma) nell’ambito della conoscenza scientifica. Per l’artista come per lo
scienziato la percezione della forma va molto al di là di ciò che la ragione ,
il freddo pensiero, ci rendono accessibili. Da questo punto di vista Lorenz
rifiuta decisamente la posizione di coloro che ritengono la quantificazione
l’unico metodo di conoscenza legittimo. In un articolo pubblicato nella Suddeutsche Zeitung del 24 dicembre 1976, Lorenz scrive: “Non c’è, nell’ambito delle scienze naturali, nessuna conoscenza che non
sia stata abbracciata con lo sguardo di un genio, in un atto di intuizione
globale, prima di poter essere dimostrata come vera…Nella stessa parola
<<dimostrazione>>, dal punto di vista della logica del linguaggio,
si cela l’ammissione che ciò che deve essere dimostrato sia già in qualche modo
presente alla coscienza… Poiché purtroppo è diventata una moda considerare la
quantificazione come l’unica operazione conoscitiva legittima, svalutando tutte
le altre, gli scienziati in preda a questa follia non vogliono ammettere che,
nell’ambito delle loro stesse funzioni conoscitive, accanto alla razionalità
della quantificazione svolgono un ruolo rilevante anche altri processi, per di
più così <<imprecisi>>, come l’intuizione e simili”.
Questa dichiarazione fornisce una
chiave per capire la personalità scientifica di Lorenz, la sua natura
profondamente artistica. Il suo dono è quello di cogliere le
connessioni che aprono alla ricerca nuove strade. A questo si aggiunge un amore
per gli animali motivato dalla curiosità, che costituisce il presupposto
indispensabile della loro paziente osservazione. Nato il 7 novembre 1903 a
Vienna, Lorenz crebbe nelle campagne di Altenberg. La spaziosa casa paterna e
il grande giardino offrirono alle sue precoci attitudini zoologiche ottime
possibilità di sviluppo. Stagni e zone riservate agli animali trasformarono a
poco a poco il giardino in un piccolo zoo, e la sua stanza era popolata di
uccelliere e acquari. Molti degli animali da lui allevati volavano e si
aggiravano liberi. Così scrive nelle sue memorie il fratello Albert:
"Poichè
egli seguiva il principio dell'addestramento in libertà e gli animali in questo
modo perdono la paura, ma con questa spesso anche il rispetto, dell'uomo, a chi
si aggirava nel giardino di Altenberg poteva facilmente capitare di essere
improvvisamente attaccati al polpaccio da uno zibello spuntato da un cespuglio,
che un cacadu vi si aggrappasse alle spalle, oppure, se si voleva far merenda
all'aperto, che due grossi corvi, gli uccelli di Wotan, scendessero in
picchiata sull'argenteria prendendosi un cucchiaio o delle mollette da zucchero
che non si sarebbero più rivisti[1]."
Lorenz
seguiva i suoi animali prendendo scrupolosamente nota su un taccuino di ogni
osservazione. Il padre Adolf Lorenz,
fondatore dell'ortopedia, lasciò che le attitudini zoologiche del figlio si
sviluppassero liberamente, ma volle che studiasse medicina. Nel 1928 Lorenz fu
proclamato dottore in medicina all'Università di Vienna. L'anno precedente aveva pubblicato il suo primo lavoro di
etologia animale sulle cornacchie. Nel corso del suo tirocinio come medico
lavorò come assistente dell'anatomo Ferdinad Hochstetter, da lui molto stimato
e che, per sua stessa testimonianza, gli trasmise le sue vaste conoscenze nel
campo dell'anatomia comparata e funzionale. Altrettanto importante fu per lui
il precoce contatto con Oskar Heinroth, alle cui opere Lorenz ritornò con
particolare piacere; tra queste un posto rilevante occupa il lavoro di Heinroth
sulla biologia, etologia e psicologia degli anatidi (1910). Terminati gli studi di medicina Lorenz intraprese gli studi di zoologia,
nei quali conseguì il dottorato nel 1933. Da questo momento in poi il suo
interesse è tutto rivolto alla ricerca sul comportamento. In alcuni lavori
abbozza già un concetto di ricerca comparata sul comportamento che trova la sua
prima esposizione organica nel lavoro sul compagno nell'ambiente animale
(1935). Questo scritto può essere considerato come la fondazione dell'etologia
comparata. I concetti essenziali di questa disciplina sono già delineati.
Lorenz prende le mosse dalla scoperta che nel repertorio dei comportamenti animali
esistono moduli motori la cui forma è costante e riconoscibile - le azioni
istintive- e che costituiscono, al pari
delle strutture corporee, caratteristiche tipiche della specie. Possono essere
perciò confrontati in diverse specie animali, e appoggiandosi ai metodi della
morfologia si possono scoprire omologie e si può ricostruire la loro
evoluzione. Le azioni istintive si evolvono nel corso dello sviluppo embrionale
e giovanile. Lorenz definisce quindi espressamente la differenza tra moduli comportamentali
innati e acquisiti; ma in un primo tempo il concetto di innato viene definito
solo negativamente, come ciò che "non è appreso", provocando non
poche critiche. Solo in seguito, e proprio sulla base di queste critiche, Lorenz
riesce a definire più chiaramente questo concetto. L'azione istintiva viene
spiegata dapprima come catena di riflessi, benchè Lorenz affermi che vi possono
esser modificazioni della disposizione ad agire che non dipendono da
corrispondenti modificazioni delle condizioni ambientali. Se a un animale viene
impedita l'esecuzione di un'azione istintiva, nei casi estremi, può perfino
eseguirla a vuoto. Il movimento ha luogo quindi in assenza di qualunque stimolo
esterno, come se l'animale fosse spinto da un impulso interno. Normalmente tuttavia
le azioni istintive vengono scatenate da stimoli e configurazioni di stimoli,
che in modo semplice ma inequivocabile caratterizzano la situazione scatenante
adeguata (la preda, il compagno, ecc...). Inoltre, determinate caratteristiche
corporee o moduli comportamentali particolari assumono la funzione di segnali
al servizio della comunicazione tra specie diverse o tra membri della stessa
specie. Lorenz parla in questi casi di "segnali scatenanti". I
segnali non evolutisi in funzione comunicativa vengono definiti stimoli chiave.
Agli
stimoli scatenanti corrisponde un correlato recettivo, lo schema innato (oggi
si parla di meccanismo scatenante innato). Come una serratura, esso reagisce
solo a determinati stimoli e dà quindi via libera a determinati moduli
comportamentali. L'individuo della propria specie non viene quindi percepito nella
sua interezza, ma funge piuttosto da emittente di segnali diversi a seconda
dell'ambito funzionale, come il corteggiamento, la lotta, la cura della prole,
ecc...
In
questo lavoro Lorenz descrive infine anche il fenomeno della fissazione
dell'oggetto. Egli scoprì che in molte specie di uccelli, lo schema innato del
compagno o del genitore è poco selettivo. I piccoli delle anatre e delle oche
seguono, subito dopo la schiusa, praticamente chiunque. Se anche per breve
tempo seguivano l'uomo, restavano attaccati a lui e non c'era verso di
spingerli a seguire un conspecifico. Nelle loro reazioni, si erano fissati
all'uomo.
Negli anni seguenti l'idea della
ricerca comparata sul comportamento fu ulteriormente sviluppata. In questo
senso fu decisivo l'incontro con Erich von Holst, nel 1937. Fino a questo
momento Lorenz aveva definito l'azione istintiva come una catena di riflessi,
pur mettendone in luce la spontaneità che mal si adatta al concetto di
riflesso. Erich von Holst presentò in una confernza i risultati di esperimenti
che confutavano decisamente la nozione di riflesso. Secondo la teoria classica
dei riflessi, per esempio, il movimento serpeggiante dell'anguilla era dovuto alla
contrazione dei segmenti muscolari che attraverso organi di senso interni
veniva trasmessa al segmento successivo, scatenando a sua volta altre
contrazioni. Così il moto si sarebbe trasmesso lungo il corpo dell'animale.
Erich von Holst separò in alcune anguille il midollo spinale dal cervello,
mantenendo in vita il preparato spinale con la respirazione artificiale. Quindi
sezionò le radici nervose sensoriali emergenti dorsalmente dal midollo spinale, attraverso le quali questo riceve le
informazioni trasmesse dal corpo e dal mondo esterno. Le radici ventrali,
attraverso le quali il sistema nervoso centrale invia gli impulsi ai muscoli, rimasero intatte. Aveva così ottenuto un
preparato che permetteva di vedere solo gli effetti prodotti dal midollo spinale.
Al risveglio dallo shock da operazione le anguille ricominciarono ad eseguire
il loro movimento serpeggiante, senza più interromperlo fino alla morte. Era
così dimostrato che questi esperimenti sono prodotti da gruppi di cellule
motorie attive spontaneamente – i cosiddetti automatismi- , le quali coordinano
a livello spinale la loro attività in modo tale che alla muscolatura viene
inviata una sequenza di impulsi ben
ordinati. Il cocetto classico di riflesso, secondo il quale l’impulso e la
coordinazione motoria possono essere attuati solo per mezzo di stimoli esterni,
veniva così confutato. Lorenz capì subito la portata di questa scoperta.
Ipotizzò che ogni movimento istintivo si basi su questa attività spontanea di gruppi di cellule nervose,
spiegandone così la spontaneità. La scarica costante di questi impulsi centrali
viene normalmente inibita, secondo Lorenz, da altre sostanze collegate, il che
provoca un blocco dell’eccitazione centrale, che alla fine spinge l’animale a
cercare attivamente situazioni di stimoli scatenanti che consentano
l’esecuzione (abreazione) di determinate situazioni istintive. Lorenz aveva
così sviluppato una teoria degli stimoli nervosi endogeni che fino ad oggi non
è ancora stata smentita. Vi sono, naturalmente, accanto a questi, anche altri
meccanismi motivanti.
Nello stesso periodo Lorenz sviluppò
stretti e amichevoli contatti con Nikolaas Tinergen, che portarono a ricerche
comuni sulle azioni istintive. Essi riuscirono a dimostrare che ogni azione
istintiva è composta da un movimento d’orientamento (tropismo) e da un
programma motorio rigido, indipendente da stimoli esterni (il movimento
istintivo).
Tanto il nuovo concetto di impulso
quanto quelli di coordinazione ereditaria, di stimolo chiave, di segnale
scatenante e di schema innato (meccanismo scatenante innato) sembravano offrire
secondo Lorenz una possibilità di spiegazione di certe particolarità nel
comportamento umano, soprattutto delle reazioni più automatiche e schematiche
in determinate situazioni sociali inspiegabili con i concetti usuali di
comportamento discriminante frutto dell’adattamento individuale. Nel lavoro
sulle forme innate dell’esperienza (1943) Lorenz dimostrò che in determinati
comportamenti reagiamo alle situazioni di stimolo per mezzo di meccanismi
scatenanti innati: per esempio a certi movimenti mimici, a certe
caratteristiche infantili e del compagno. Accanto all’esistenza di questi
schemi di reazione estetici Lorenz ipotizza anche l’esistenza di schemi di
reazione etici, che determinano norme di comportamento sociale, e in questo
contesto azzardò l’ipotesi dell’esistenza di inibizioni ad uccidere innate in
molti vertebrati superiori, compreso l’uomo. Per gli animali si può forse
parlare di un comportamento “analogo al comportamento morale”. Le inibizioni ad
uccidere nell’uomo sono commisurate alle sue ridotte capacità fisiche di
uccidere. Ma l’invenzione delle armi ha prodotto una situazione di crisi:
l’uomo può uccidere sempre più rapidamente e a distanza, insensibile agli
appelli alla pietà dei suoi simili. Nello stesso saggio Lorenz indica infine
con affezionata partecipazione i pericoli che derivano dai processi involutivi
cui abbiamo già accennato.
Nel 1941 Lorenz viene chiamato alla
cattedra di Filosofia dell’Università di Konigsberg, ma la guerra interrompe la
sua attività di ricerca. Dal 1942 al 1944 lavora come medico militare, venendo
infine deportato in un campo di prigionia in Russia da cui ritorna nel 1948.
Porta con sé uno storno addomesticato in una gabbia costruita da lui e un voluminoso
manoscritto sull’etologia comparata. Lo aveva scritto in grafia minuta sulla
carta dei sacchi di cemento. Ne ricavò un insuperabile conferenza, che tenne
all’istituto biologico di Wilhelminenberg vicino Vienna. Tra il 1946 e il 1948
si era infatti riunita a Vienna intorno a Otto Koenig una piccola cerchia di
studenti che discutevano i lavori di Lorenz e applicavano i suoi metodi di
osservazione degli animali in condizioni seminaturali. Questo gruppo aveva
occupato alcune baracche abbandonate dall’esercito tedesco e vi aveva costruito
una stazione di ricerca biologica che esiste ancor oggi.
Ad Altenberg Lorenz diede inizio alla
costruzione di un Istituto per la ricerca ecologica comparata, posto sotto il
patronato dell’Accademia austriaca delle scienze; contribuì inoltre con
conferenze e pubblicazioni alla diffusione della cultura etologica pubblicando
tra l’altro la popolare opera L’anello di
re Salomone, che per contenuto e stile è sicuramente uno dei migliori libri sugli animali scritti fino a quel momento.
Dopo un periodo di difficoltà, nel 1951
Lorenz fu chiamato dalla società Max- Planck. Con tre collaboratori, tra cui
Irenaus Eibl- Eibesfeldt, si trasferì dapprima a Buldern in Wesfalia, dove
fondò un istituto di ricerca sulla fisiologia del comportamento, che nel 1957
divenne l’istituto autonomo Max- Plance per la fisiologia del comportamento.
Erich von Holst ne era l’elemento trainante. Fin dal loro incontro nel 1937,
Lorenz e von Holst erano legati da profonda amicizia, ed entrambi guidavano il
nuovo Istituto. Nell’Europa continentale si erano formati subito dopo la guerra
due centri di popolarizzazione dell’etologia comparata. Accanto al gruppo di
Lorenz in ambito tedesco, che con John Koehler e O. Antonius aveva dato vita
alla Zeitschrift fur Tiepsychologie[2]
, si era costituito in Olanda un secondo centro le cui figure di spicco erano
N. Tinbergen, A. Kortland e Gerardus Baerends.
Dopo la guerra, le tesi dell’etologia
continentale si diffusero, grazie all’opera di Tinbergen, anche nei Paesi di lingua
inglese. W. Thorpe e J. Huxley avevano già dato vita in Inghilterra ad un
gruppo di ricerca etologica. Nel 1951 Tinbergen pubblicò il primo manuale di
etologia comparata[3].
Con il suo trasferimento in Inghilterra, anche Oxford divenne un centro di ricerca
etologica. Ben presto le tesi di Lorenz furono conosciute e animatamente
discusse anche oltremare.
Nel 1913 John Broadus Watson[4]
(1878- 1958) sostenne la tesi che si potesse allevare ogni bambino sano, di
qualunque provenienza o razza, facendone un artista, uno scienziato, un
avvocato o qualunque altra cosa si desiderasse. Sarebbe stato determinante
l’ambiente, non qualche particolare disposizione:
“Datemi
una dozzina di bambini sani, ben formati, e un mondo con certi requisiti nel
quale allevarli, e garantisco che prendendone uno a caso lo farò diventare uno
specialista in qualunque cosa io desideri, medico, avvocato, artista, dirigente
d’azienda e perfino, perché no, accattone e ladro, indipendentemente dalla sua
intelligenza, attitudini, capacità, vocazioni e razza dei suoi genitori.[5]”
Da allora la teoria ambientalistica
gode negli Stati Uniti d’America di particolare influenza. Si riprendeva,
generalizzandola, la tesi aristotelica secondo cui l’uomo viene al mondo come
una tabula rasa ed è plasmabile solo attraverso le esperienze individuali[6].
Questa dottrina rappresentava
l’opinione scientifica ufficiale di psicologi, sociologi, antropologi
americani. Inoltre, anche la teoria dei riflessi aveva forti sostenitori. Si
studiava sostanzialmente la formazione dei riflessi condizionati, e con le
tecniche usuali era difficile riuscire ad osservare il comportamento spontaneo.
Le tesi di Lorenz, secondo le quali il comportamento dell’uomo e dell’animale è
determinato anche dall’ereditarietà e gli impulsi svolgono un ruolo rilevante,
doveva suonare come una provocazione per li psicologi orientati
ambientalisticamente. Tra i comportamenisti c’erano delle eccezioni che partiti
da concetti ambientalistici sarebbero arrivati a riconoscere anche la validità
delle tesi di Lorenz.
Dalla gran massa delle voci critiche
emerse un saggio di D. Lehrman pubblicato nella Quarterly Review of Biology nel 1953, dal titolo A Critique of Konrad Lorenz’s Theory of
Istintive Behavior. La critica era
serrata ma anche stimolante. In questo saggio Lehrman attaccava il concetto di
innato, ritenendolo privo di valore dal momento che la condizione innata di un
modulo comportamentale non può mai essere dimostrata. Nel corso della sua
evoluzione l’organismo è sempre collocato in un ambiente che influisce su di
lui; anche nell’uovo o nell’utero è esposto a influenze che informeranno il suo
comportamento. Un allevamento in condizioni di assoluta privazione d’esperienza
è perciò impossibile. Lehrman osservava quindi che il concetto di innato elaborato
da Lorenz poteva essere definito solo negativamente, come “ciò che non è
appreso”.
Con ciò egli metteva il dito su un
punto critico della dottrina etologica. I biologi avevano dato formulazioni
sempre diverse del concetto di comportamento innato, e non esisteva una chiara
formulazione concettuale. Spronato da questa critica, Lorenz si mise di nuovo
al lavoro. Nel 1961 egli rispose ai suoi critici con il saggio sull’adattamento
filogenetico e sulle modificazioni adattative del comportamento, dove il concetto
di innato veniva definito in positivo sulla base della provenienza
dell’adattamento. Gli organismi nel loro processo di adattamento rispecchiano
dei modelli; questo presuppone che il sistema adattato abbia in qualche momento
ricevuto delle informazioni sulla situazione dell’ambiente esterno che egli
riflette per adattarvisi. Tutto questo può accadere nel corso della filogenesi
attraverso un meccanismo di mutazione- selezione, quindi nel corso
dell’evoluzione culturale o come risultato di un accumulo individuale di
esperienze. Se all’organismo si sottraggono le informazioni relative a un
determinato adattamento, è possibile dimostrare sperimentalmente se
quell’adattamento sia o meno il risultato di un processo filogenetico. Se per esempio un uccello allevato da solo e
in condizioni di isolamento acustico canta ugualmente il canto territoriale o
di corteggiamento tipico della sua specie, è dimostrato che l’informazione
relativa al modello specifico del canto è presente come adattamento
filogenetico; in altre parole le connessioni nervose su cui si basano i
movimenti del canto si evolvono insieme con gli organi di senso e di movimento
sulla base di istruzioni di sviluppo fissatesi nel patrimonio ereditario
attraverso un processo di autodifferenzazione. L’obiezione che non si possono
sottrarre all’animale tutti gli stimoli ambientali viene quindi destituita di
fondamento. E’ vero che l’uccello, allevato in condizioni di isolamento acustico,
ha comunque bisogno di un elevato numero di stimoli ambientali per poter
crescere normalmente; ma è importante dimostrare che in queste condizioni può venir meno proprio
l’informazione che dovrebbe invece essere presente se il canto specifico fosse
appreso.
Lorenz lavorò soprattutto con gli
anatidi, con diverse specie di oche e con i ciclidi. A Seewieseen riuscì anche
ad allevare dei pesci corallini, ai quali da allora si interessò in modo
particolare dal momento che costituiscono un campo privilegiato di indagine sul
problema dell’aggressività intraspecifica. Le sue tesi su questo argomento sono
raccolte nel libro Il cosiddetto male
del 1963. Già il titolo dimostra come Lorenz, come biologo, non si lasci sviare
da giudizi di valore, ma ponga subito il problema della funzione di un
comportamento, cioè della sua rispondenza al fine della conservazione della
specie. Lorenz dimostra che l’aggressività è una forma di adattamento al
servizio di diversi ambiti funzionali. Un’ importante funzione è per esempio
quella territoriale. Dimostrò inoltre che i combattimenti tra conspecifici non
portano nella maggior parte dei casi all’annientamento dell’avversario; spesso
la lotta tra animali aggressivi si svolge come una sorta di torneo. Tra gli
adattamenti filogenetici che determinano il comportamento aggressivo, lorenz
sottolinea in particolare l’impulso aggressivo che spinge l’animale all’azione.
Anche nell’uomo questo impulso ha come effetto un’intensificazione della
disposizione aggressiva. Dal momento che, come abbiamo detto, gli impulsi
inibitori dell’uomo possono essere rimossi attraverso l’uso di armi che
uccidono rapidamente e a distanza, l’aggressività intraspecifica nell’uomo
costituisce oggi uno dei più grossi pericoli.
Tra le opere degli ultimi anni di
Lorenz, L’altra faccia dello specchio emerge come un contributo fuori dall’ordinario.
Questa storia naturale della conoscenza è una delle opere più mature di Lorenz.
Egli afferma che ogni adattamento rispecchia una realtà extrasoggettiva: “La vita non è un’immagine di qualche cosa, è
essa stessa realtà conoscente”. Con la progressiva differenziazione degli
organismi anche l’immagine del mondo viene differenziandosi tra gli organismi.
L’adattamento rispecchia la realtà extrasoggettiva in modo naturalmente
distorto, come insegnano per esempio le illusioni ottiche.
Nel 1973 fu assegnato a Lorenz, a
Tinbergen e a K. Von Frish il Nobel per la medicina. Il contributo di Lorenz
alla comprensione dell’uomo fu quindi riconosciuto a livelli internazionale. La
sua opera ha lasciato tracce profonde nel paesaggio spirituale della nostra
epoca, e non c’è opera sull’uomo che non si confronti con le sue tesi
[1]Albert Lorenz, Wenn der Vater mit dem Sohne…,Wien (Franz Deuticke)
[2] Rivista di psicologia animale
[3] The Study of Istinct, pubblicato dalla Oxford University
Press
[4] Fondatore del comportamentismo
[5] Psycology as Behaviorist views it, “Psychological Rewiew”
1913 p. 104
[6] Tesi sostenuta anche dal filosofo inglese John Locke