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Territorio e cibo: un legame da riscoprire e .... da assaggiare.
I prodotti agroalimentari sono il riflesso e la memoria del
territorio, un vasto patrimonio di gesti, attrezzi, intelligenza e fantasia.
Sapidi formaggi, corposi salumi, freschi prodotti dell'orto,
e poi vini antichi e oli prelibati. Il tutto grazie a un apporto umano che si
giova di conoscenze remote e di lavorazioni tradizionali.
Le sigle europee Denominazione di Origine Protetta (DOP) e
Indicazione Geografica Protetta (IGP), per i prodotti agro-alimentari, e
Denominazione di Origine Controllata (DOC) per i vini, garantiscono a livello
comunitario il legame tra prodotto e territorio. Molti dei prodotti delle aree
protette possono già fregiarsi dei marchi comunitari; altri sono in fase di
riconoscimento.
La strada del vino dei Castelli
La strada del vino dei Castelli attraversa il territorio
del Parco omonimo, offrendo occasioni di degustazione e di visita alle cantine
dove spesso è possibile assistere ad alcune fasi della produzione quali la
spremitura, la fermentazione, l'imbottigliamento.
Vino e olio: così nell'antichità si misurava l'opulenza.
Il vino e l'olio erano nell'antichità veri e propri tesori, prodotti
privilegiati sulle tavole dei ceti più ricchi e, per la caratteristica di
lunga conservazione, merce privilegiata negli scambi tra popoli, che già ne
apprezzavano la qualità in relazione al territorio di produzione.
Anche oggi queste due produzioni caratterizzano i distretti
produttivi in forza di una spiccata biodiversità prodotta dall'interazione
uomo-ambiente. In ogni areale, infatti, sono presenti varietà di vite e olivo
con una storia millenaria. Le "strade del vino e dell'olio", che passano anche
attraverso alcuni comuni delle aree protette del Lazio, avvicinano il
visitatore all'affascinante universo delle cantine e dei frantoi.
La Via dell'olio della Sabina.
La Via dell'Olio della Sabina interessa parte del territorio del Parco dei
Monti Lucretili e si snoda tra castelli e borghi medioevali con un panorama
marcato dalle sempreverdi piante di ulivo, dal frutto delle quali si produce
il prelibato olio extra-vergine DOP Sabina. Lungo questo percorso al
visitatore vengono offerte occasioni di assaggio dell'olio, di conoscenza dei
frantoi e delle antiche e moderne tecniche di produzione.
Come eravamo? ..... tutti contadini.
Dalla nascita dell'agricoltura, 8000 anni prima di Cristo, fino al ventesimo
secolo l'attività contadina interessava la quasi totalità della popolazione.
Dopo la metà del XX secolo, il numero degli occupati in agricoltura nei paesi
sviluppati si è ridotto a cifre inferiori allo per cento della popolazione.
Anche l'Italia, fino al 1950, era un paese prevalentemente rurale e la
maggioranza degli abitanti viveva in campagna. Possiamo dire che 7 italiani su
1, fino a quella data, avevano un'origine contadina. Quanti di noi, andando a ritroso per sole 3-4 generazioni, non
trovano almeno un avo contadino?
E' questo recente passato, così tanto condiviso, che viene raccontato nei
Musei della civiltà contadina che stanno sorgendo nelle aree protette. Qui gli
anziani ricordano, e le nuove generazioni apprendono, le condizioni e le
abitudini di vita e di lavoro passate. Vengono presentati vecchi mestieri,
antichi attrezzi e le parole che li definiscono.
Biodiversità: più siamo, meglio stiamo.
La varietà di clima e paesaggi, la presenza umana antica e diffusa e una
forte diversificazione nell'uso del suolo, arricchiscono la biodiversità
agraria di un territorio. Ciò consente l'insediamento e il mantenimento di
una grande varietà di piante coltivate e di animali domestici. La
protezione di un territorio è anche conservazione del suo patrimonio
genetico originario, perfettamente adattato all'ambiente in cui si è
evoluto. L'affermarsi nell'economia agricola e zootecnica di varietà
vegetali e razze animali con maggiore produttività e uniformità genetica,
ha portato alla scomparsa di cultivar locali e di popolazioni animali,
favorendo in tal modo un aumento della fragilità degli ecosistemi agricoli e
forestali.
Il caso delle mele.
Ad inizio secolo in Italia vennero catalogate circa 150 varietà di mele.
Dieci anni dopo, nel 1911, gli esperti consigliavano agli agricoltori di
privilegiare la coltivazione di sole 20 cultivar, ossia quelle più redditizie
in termini di produzione e durabilità. Oggi la produzione è in gran parte
basata su 3 sole varietà di mele. Sono così scomparse decine e decine di
varietà e con esse i loro specifici sapori e i saperi tradizionali connessi
alla loro coltivazione.
Nei parchi un'agricoltura di qualità.
L'agricoltura biologica prevede l'utilizzo di metodi
di produzione rispettosi dell'ambiente e fa divieto di impiegare concimi e
antiparassitari di sintesi, favorendo piuttosto il ricorso alla sostanza
organica e alle rotazioni quali fondamentali fattori di mantenimento della
fertilità del terreno. Utilizza inoltre metodi naturali per aumentare la
produttività e la resistenza delle piante alle malattie. Per queste
caratteristiche, lo sviluppo di aziende biologiche nelle aree protette
contribuisce alla tutela del patrimonio ambientale.
Il marchio Natura in Campo.
Il marchio commerciale Natura in Campo viene rilasciato ai prodotti
tipici, tradizionali e da agricoltura biologica dei parchi del Lazio che
rispondono a precisi requisiti presenti nel disciplinare di concessione. Il
marchio nasce per valorizzare le peculiarità agroalimentari delle aree
naturali protette della nostra regione e per incentivare e promuovere metodi
e pratiche che contribuiscano alla conservazione delle risorse naturali e
culturali. I diversi e variegati prodotti che si fregiano del Marchio, e
tutti gli altri che sono in via di ottenimento della concessione dell'uso,
verranno promossi attraverso fiere, manifestazioni ed eventi dedicati.
Valorizzazione e divieti.
La Regione Lazio, nell'ambito della valorizzazione dei prodotti tipici e
con lo scopo di tutelare la sicurezza alimentare dei consumatori, ha
vietato la coltivazione e la sperimentazione di Organismi Geneticamente
Modificati (OGM) sul suo territorio. Gli OGM potranno essere coltivati in
ambiente confinato, solo a fini sperimentali, nonchè lontano dalle aree
protette, dai campi destinate all'agricoltura biologica e dalle aree dove
si realizzino prodotti garantiti da marchi di qualità.
Come è bello andar per campi.
Molti degli itinerari che ora percorriamo in macchina sono
stati ricavati da strade rurali o poderali. Ancora oggi nei territori
agricoli esiste una rete di strade "bianche", percorse da greggi,
mandrie, trattori e macchine agricole.
Questi tracciati rappresentano un patrimonio ambientale e
storico da percorrere a piedi, in bicicletta o a cavallo, inoltrandosi
nella geometria dei campi coltivati, osservando da vicino microcosmi
naturali nascosti dai muretti a secco e nelle siepi che bordano le strade,
o immergendosi completamente nell'atmosfera rurale e lasciandosi dietro
rumori, smog e stress cittadino.
Le tecniche colturali e di pascolo e il sistema insediativo
delle aree rurali hanno spesso preservato il valore ambientale dei
territori con il mantenimento di piccoli ecosistemi dove si conserva un'
elevata biodiversità.
Prati - pascoli, frutteti, maggesi, oliveti, siepi, muretti a
secco, filari di alberi, tetti di casali e fabbricati agricoli offrono
cibo e rifugio a una grande varietà di specie: grilli canterini e cicale,
bombi e api, farfalle, talpe e lombrichi, orbettini e serpenti, piccole
averle, colorati fagiani, upupe coronate, regali albanelle e notturni
barbagianni.
Nei fontanili, nelle pozze naturali e nei canali di bonifica,
là dove si abbevera il bestiame, si incontrano gran quantità di specie
anfibie e rettili. Di notte le lucciole illuminano i frutteti.
Tante aziende , tanti stili aziendali.
Le aree protette del Lazio.
Vantano la presenza di oltre
10.000 aziende che vivono di economia agrosilvo-pastorale e nelle quali la
conduzione familiare resta la caratteristica prevalente. Negli ultimi anni
si sono diffusi nuovi e diversi modelli di operatori e "stili aziendali"
che, impiantatisi nell' ambito agricolo tradizionale, hanno arricchito il
mondo rurale, soprattutto nei territori a ridosso delle aree urbane. Nei
contesti più marginali, invece, l'assenza del ricambio generazionale
minaccia la sopravvivenza di culture e saperi materiali. Si fa agricoltura
sulle fondamenta del vecchio mondo rurale con le nuove generazioni perché
non si estinguano le attività, paesaggi, la cultura e gli uomini delle
aree rurali.
Agricoltura e allevamento.
Hanno mutato il loro aspetto nei mezzi, negli uomini e
nelle attività: macchinari ipertecnologici insieme a quelli tradizionali,
lavoro di uomini e di donne provenienti da paesi lontani, impiegati per lo
più in settori affini a quelli dei propri paesi di provenienza, attività
integrative a quella tradizionalmente agricola.
Nelle aree protette, dove le forme industriali e meccanizzate
dell'agricoltura di pianura e di collina convivono con quelle più
tradizionali di montagna, ritroviamo il volto dell'anziano agricoltore
insieme a quello di giovani di diverse etnie.
Impariamo nelle aule verdi.
La socità inurbana, ha
rarefatto I contatti con il mondo rurale, di conseguenza, con le condizioni
che determinano la produzione agricola. Molti non sanno più che la
produzione alimentare
è
stagionale e dipende dal clima, dalla
fertilità del terreno, dalla disponibilità d'acqua, dai cicli naturali della
vita animale e vegetale.
Le fattorie educative attivate in alcune aziende agricole
delle aree naturali protette del Lazio, sono veri e propri centri
territoriali di educazione ambientale e alimentare a disposizione di scuole,
famiglie e cittadini. Con l'attività educativa, che rappresenta anche un
settore produttivo diversificato e di integrazione del reddito per le
imprese agricole e agrituristiche, si ricostruisce il collegamento tra città
e campagna e la comunicazione diretta fra agricoltore e cittadino.
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